Cronaca locale

La Loggia dei mercanti? Un bagno a cielo aperto

Tempo fa le proteste per il sacrario oltraggiato da sfilate o mostre Ma il risultato è che oggi gli spazi sono abbandonati al degrado

La Loggia dei mercanti? Un bagno a cielo aperto

Il Sacrario della Resistenza puzza. Puzza di quell'odore acre e inconfondibile, uguale a tutte le latitudini, che hanno i posti dove gli esseri umani si liberano contro i muri dei propri liquidi. Puzza di abbandono, puzza di terra di nessuno e senza scopo. E poiché in natura, oltre al bisogno delle vesciche di essere svuotate, un'altra norma insegna che il vuoto non esiste, ecco che nel sacrario si rifugia di tutto: chi non ha altrove un posto per dormire, chi non sa dove andare a pomiciare, chi non sa dove buttare i mozziconi e le cartacce. Affisse ai pilastri delle volte, le diciannove lapidi con i nomi dei partigiani assistono malinconiche.

Sono passati tre anni da quando, appena assurta al potere, la nuova giunta si impegnò solennemente con le associazioni dei partigiani: nella Loggia dei mercanti non ci sarebbero state più né sfilate né bancarelle, oltraggi - che la giunta Moratti aveva autorizzato - alla memoria storica del luogo. A dire il vero a settembre 2011 l'allora assessore Boeri firmò il via libera ad alcun eventi modaioli, la Milano democratica (con in testa la mamma dell'assessore) protestò vibratamente, le sfilate vennero cancellate e con l'occasione si promise il recupero della loggia-sacrario. Le lapidi sarebbero state ripulite, il luogo valorizzato, le scolaresche portate a visitarlo per assimilarne - con l'ausilio di sussidi multimediali - il valore nella storia della città. Nulla di tutto questo è accaduto. Per porre argine al degrado, per qualche tempo una pattuglia dei vigili è rimasta ferma ai margini della loggia, in via Mercanti. Adesso la vettura dei ghisa è stata arretrata di qualche metro, nella piazza. Ma la sua presenza fissa, con due agenti a bordo, non ha impedito e non impedisce che la puzza e la sporcizia si allarghino.

D'altronde degrado chiama degrado, ed è difficile immaginare che incuta timore e rispetto la orrenda scala cadente e abbandonata che sale ai lati della loggia, e che la palizzata di legno coperta di graffiti induca stimoli diversi che farci contro la pipì. Piazza del Duomo è lì, a un tiro di biglia, con la sua nuova quinta di alberelli da vivaio di provincia, ma almeno quasi ovunque ben tenuta. La Loggia è invece abbandonata a se stessa, perché nulla vi richiama una fruizione diversa che quella di sputarvi il chewing gum.

Così l'unica consolazione è notare che a nessun turista coglie vaghezza di salire quei pochi gradini che da piazza Mercanti portano al Sacrario, perché se si avventurasse sotto quelle volte secolari le sue narici verrebbero assalite dallo stesso inconfondibile odore che lo ha probabilmente colto arrivando alla Stazione Centrale, e che potrebbe a quel punto convincerlo che sia l'odore classico di Milano, come l'aglio a Le Havre o il salmastro a Pescara. Invece fortunatamente i turisti scivolano via compatti e disciplinati senza godere degli odori della Loggia. Quest'estate una petizione dell'Anpi e della Comunità ebraica raccolse duemila firme «per sottrarre definitivamente la Loggia dei Mercanti al degrado e renderla un luogo vivo della memoria, della cultura e della storia di Milano non solo per i milanesi».

Unica conseguenza fu l'apparizione della Fiat biancoverde dei ghisa.

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