Cronaca locale

L'ossobuco con il risotto si trova anche in agosto

Ahahahah! Marco Comini, oste del Matarel, non era uno dalla risata facile: più che ridere gli piaceva arrabbiarsi. Ma lassù nel paradiso dei ristoratori gli sarà venuto da sghignazzare qualche giorno fa, leggendo del fallimento del progetto «Pasto Sano» del Comune, il bollino di qualità concesso solo a locali dove si servano carote lesse e quinoa, e il pane arrivi in tavola solo insieme alla pietanza per non fare ingrassare i clienti. Avrà riso a denti stretti, Comini, per non far cascare il sigaro, davanti a quel modello di cucina così lontano dalla concretezza proteica che ha fatto grande il suo ristorante, nella traversina ombrosa di corso Garibaldi.

Però siccome alla fine era un rude ma buono, smesso di ridere Comini si sarebbe messo il foulard più bello e si sarebbe presentato orgoglioso, accanto alla sua Elide, a ritirare la targa che ha inserito il Matarel tra le botteghe storiche della città: perché va bene la quinoa, ma Milano è l'ossobuco. E dal 1962 l'ossobuco è quello del Matarel e della Elide.

«É stata una botta perdere Marco - dice ieri la Elide, portando i mondeghili appena spadellati - ma lui andandosene me l'ha detto: manda avanti questa baracca. E così io ho fatto, senza cambiare niente. Molti pensavano che senza Marco il Matarel non sarebbe stato più lo stesso, e all'inizio è stata dura. Ma un po' alla volta sono tornati tutti».

Aveva semplici idee, Comini: che la Croatina è meglio del Brunello, che la chiusura di corso Garibaldi è una cavolata e il divieto di fumare una idiozia (e infatti lo violava spudoratamente); e che il risotto con l'ossobuco si può mangiare anche se fuori ci sono quaranta gradi. Così ieri i giapponesi del tavolo accanto si misurano entusiasti con l'osso e col midollo. In una cosa solo la memoria di Comini è stata tradita: per lui bancomat e carte di credito erano invenzione del demonio.

LF

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