Cronaca locale

Mago Zurlì, un funerale di quartiere e l'addio dei bimbi dello Zecchino

Chiesa piena alle esequie di Tortorella. D'Avena: «Siamo orfani»

Gerbere bianche, gonfalone degli alpini, parenti e vicini di casa. È stato un funerale di quartiere quello del presentatore Cino Tortorella, scomparso giovedì scorso a 89 anni. Ieri pomeriggio Quinto Romano si è stretta attorno ai familiari di Mago Zurlì. A celebrare la messa, nella basilica della piazzetta Arpino, due preti: don Walter Grosso e don Roberto Scotti, religioso di Piacenza amico di Tortorella. «Umile, viveva nella semplicità qui in periferia», racconta Scotti.

All'arrivo del carro funebre i vigili urbani hanno chiamato in raccolta i presenti. Ad accompagnare l'entrata della salma in basilica le voci del Piccolo coro dell'Antoniano. Alle esequie anche Cristina D'Avena e molti altri volti noti: Elio, Susanna Messaggio, Daniela Bongiorno, Umberto Smaila. A ricordare il padre dello Zecchino d'oro in una chiesa gremita poco distante dalla sua casa sono stati i figli Davide, Guido, Chiara e Lucia e la moglie Maria Cristina: «Sposarlo era il mio sogno di bambina. Cino è il mio, nostro e vostro mago - ha detto lei - Sono la sua compagna da quarant'anni, ma lui è stato il mio compagno di vita da molti più anni. Sin da piccola, dal primo momento che l'ho visto in televisione, ho detto: io sposerò il Mago Zurlì. Padre eccezionale e marito straordinario, un uomo per il quale oggi nel mondo c'è poco posto e rispetto». Raccontano i figli: «Dieci anni fa era stato lì lì per morire, esperienza di cui ha parlato anche in tv. Aveva visto il tunnel, si era sentito sollevato da una mano di luce e aveva udito le voci delle persone care che aveva perso». Nato nel 1927 a Ventimiglia, orfano di padre, dopo il liceo Tortorella tenta la carriera universitaria a Milano ma abbandona gli studi in giurisprudenza per la Scuola d'Arte drammatica del Piccolo Teatro, dove è stata allestita la camera ardente. Paracadutista negli alpini, nel 1956 dà vita al Mago Zurlì. «Forse la tv poteva dare un po' di più a Cino - ha detto D'Avena -. Siamo un po' orfani ora. Volevamo fare tante cose per i 60 anni dello Zecchino. Ma non ce l'abbiamo fatta».

RC

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