Cronaca locale

Con il marmo di Candoglia dal lago di Mergozzo a Milano

Tra storia, fauna e meraviglie culinarie sulla strada dei preziosi blocchi portati sull'acqua per il Duomo

Con il marmo di Candoglia dal lago di Mergozzo a Milano

La gola aiuta la conoscenza. Ad esempio, senza Marco Sacco, un ragazzo come noi, che amava il windsurf ma che, da adulto, incanta ai fornelli al ristorante affacciato proprio su queste acque, non avrei mai conosciuto il lago di Mergozzo e le storie di queste terre, a ridosso della sponda piemontese del lago Maggiore.

Il Piccolo Lago (che è anche il nome del ristorante di Sacco) e il Grande Lago erano collegati, poi le continue esondazioni del Toce crearono uno sbarramento al delta, quella che oggi è l'attuale piana di Fondo Toce, riserva naturale interessantissima, per la fauna (dai rettili agli anfibi ai mammiferi) e per la flora: il suo canneto, tra i più estesi del Lago Maggiore, offre un ecosistema ideale per la riproduzione di numerosi pesci di lago e svolge la funzione di «filtro verde»: le canne assorbono numerose sostanze inquinanti contribuendo alla depurazione dell'acqua.

Esiste anche un canale, lungo 2,7 km che dal Lago di Mergozzo scende al Maggiore. Scende è il verbo che impedisce la navigazione: il dislivello, causato dall'abbassamento del lago Maggiore, è di due metri. Il marmo delle cave di Candoglia, di una bellezza cristallina screziata di rosa, estremamente resistente, da Mergozzo scendeva al Maggiore, poi lungo il Ticino e il Naviglio Grande entrava in città fino alla darsena di S. Eustorgio. Grazie a un sistema di chiuse, realizzato dalla Fabbrica del Duomo, arrivava fino al Laghetto, oggi Via Laghetto, poche centinaia di metri dal cantiere della la Cattedrale di Milano. La navigazione è durata fino al 1920. I barcaioli avevano una parola d'ordine: «Auf», (Ad usum fabricae) che li esentava dal pedaggio. Da qui l'espressione «a ufo» che, per i lombardi e non solo, significa «a sbafo, gratis». Fu Gian Galeazzo Visconti a fondare la Veneranda Fabbrica del Duomo e a decidere di sostituire il mattone con il marmo. Malgrado i costi e le difficoltà l'estrazione del prezioso marmo di Candoglia dura ancora oggi e le cave si possono visitare.

Tutta questa storia, as usual, ci ha messo appetito. Prima di andare da Marco Sacco facciamo uno spuntino con la fugascina di Mergozzo nel forno aperto ne 1957 da Osiride Baroni e da sua moglie Giovanna Colombo, poi passato alla figlia Patrizia e al marito Giordano. La Fugascina di Mergozzo, conosciuta anche come Dolce di Santa Elisabetta (4 luglio), veniva preparato in tutte le case del paese per la festa. Ed eccoci da Marco Sacco nel suo bel ristorante che si affaccia su acque purissime adatte chi ama destreggiarsi tra canoa, kayak, tavola a vela. Acque ricche di pesci: trote, salmerini, coregoni, cavedani, tinche, carpe, persici reali, lucci e nei canneti a fondo lago, i Black Bass.

Marco ci fa scoprire un grande formaggio, l'ossolano, estivo da erba d'alpeggio, d'inverno da fieno (Antica Latteria di Crodo) e il prosciutto crudo vigezzino affumicato al ginepro che lui chiama «42». Pierino Bona che lo produce, dalla lavorazione alla consegna lo tocca (diciamo lo coccola) quarantadue volte. Di questo prodotto Sacco non butta via nulla: le ossa e la cotica servono per i brodi, la polpa per la «Carbonara au coque» piatto storico diventato un successo come cibo da strada, con i tajarin al posto degli spaghetti (o bucatini) e il prosciutto per il guanciale. Nella salsa, servita nel guscio d'uovo, c'è un tocco di gin.

Ma è sulle acque interne che si declina l'ultima iniziativa di Marco. Il «Movimento gente di lago» si propone di valorizzare la ricchezza delle acque interne italiane, spesso dimenticate se non vilipese, attraverso la riunione di gente di lago, appunto che racconti questo mondo. Scienziati che spiegheranno questa realtà dal loro punto di vista, pescatori, cuochi. Prima di scendere verso Verbania, assaggio il Dumplin, raviolo cinese con un ripieno piemontese, il «plin» appunto e «luccio e lasagna», ricetta frutto di un errore. «Facevo il luccio mantecato e me lo sono dimenticato in forno così si è formata una crosta con profumo di gratinato, insomma un luccio al sapore di lasagna».

Tempo di ripartire, ma prima due tappe a Verbania, alla «Casera» per un tagliere di formaggi affinati e al «Gelato d'altri tempi» per un bel cono da passeggio.

Lungo lago, ovviamente.

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