Cronaca locale

«Milano è la capitale di una musica in crisi»

Il direttore generale dell'orchestra Verdi contro il governo «Lombardia penalizzata dalla discrezionalità ministeriale»

di Carlo Maria Lomartire

Milano è ancora la capitale italiana della musica? «Certamente sì, ma con qualche grosso problema», risponde Luigi Corbani, direttore generale dell'Orchestra sinfonica di Milano e del Coro sinfonico di Milano Giuseppe Verdi. Più brevemente «la Verdi», di cui Corbani - profondo conoscitore del panorama musicale italiano e internazionale - è stato fondatore, facendone un brillante esempio di imprenditorialità culturale milanese.

Lei, Corbani, parla di problemi, ma ci sono chiari sintomi di crisi. C'è, ad esempio, il caso della rassegna settembrina MiTo decapitata con le improvvise dimissioni simultanee del patron milanese Francesco Micheli e del suo dirimpettaio torinese Enzo Rostagno.

«Dimissioni improvvise ma non inattese, dopo i tagli dei finanziamenti pubblici a fronte di costi crescenti: biglietti un po' troppo low cost e una esagrata concentrazione di eventi, tanto che ho parlato di “turbativa di mercato”. Non poteva andare avanti. Per non dire del torinese per una presunta sovraesposizione di Milano».

Qualche maligno sussurra che Micheli volesse fare di MiTo il trampolino per la sovrintendenza della Scala e che le dimissioni siano dovute alla frustrazione per l'obiettivo mancato.

«Pettegolezzi dei salotti milanesi, ammesso che ce ne siano ancora. Io da milanese non salottiero ne faccio una questione di costi, di bilanci».

Poi c'è lo sfregio alla sua creatura, la Verdi, da parte della burocrazia romana.

«È, ovviamente, l'episodio per me più doloroso ma anche più inspiegabile e assurdo. Il ministero dei Beni e delle Attività culturali ha proditoriamente declassato la Verdi da Istituzione Concertistica Orchestrale (Ico) a “Complesso strumentale”. In altre parole, dopo 22 anni di intensa attività concertistica, con la più alta produttività del settore, per Salvatore Nastasi, direttore generale e poi capo di gabinetto sotto molti ministri, vero gestore dei finanziamenti attraverso il Fondo unico dello spettacolo, la Verdi non è più un'orchestra sinfonica ma un complesso strumentale. E questo per una ridicola questione burocratica, pretestuosa, di tempi di presentazione delle domande. A parte lo sfregio professionale e artistico per tutto il popolo della Verdi, professori d'orchestra, soci della Fondazione, impiegati, e pubblico, ci sono pesanti conseguenze sul finanziamento pubblico della nostra attività e anche un disincentivo a quelli privati. E pensi che lo Stato non ci ha ancora pagato i contributi di un paio di anni fa. Naturalmente abbiamo fatto ricorso in tutte le sedi opportune, vedremo».

Fra l'altro con questo provvedimento il ministero ha contraddetto il ministro Franceschini.

«È la solita storia dello strapotere della burocrazia ministeriale sulla politica, un direttore generale conta molto più di un ministro. Basti dire che negli ultimi 12 anni ai Beni culturali sono passati 13 ministri ma un solo direttore generale. C'è da aggiungere che nella distribuzione dei fondi per lo spettacolo, il mitico Fus, la Lombardia e il Sud sono le aree più penalizzate, a favore di Lazio, Toscana e Piemonte, una iniqua ripartizione dovuta anche all'assurdo criterio di valutazione che privilegia una molto soggettiva “qualità” rispetto alla misurabile quantità della produzione. È evidente la discrezionalità».

Non le sembra strano che questa crisi del panorama musicale milanese, avvenga proprio quando assessore alla Cultura del Comune è un musicologo come Filippo Del Corno?

«A prescindere dagli assessori che vanno e vengono, il vero problema è il rapporto fra la Rai e Milano, principale centro di produzione culturale e capitale economica.

Ma è noto che la Rai, generosa e opulenta greppia romana, si guarda bene dal dare a Milano il ruolo che le spetta».

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