Cronaca locale

"Il mio sogno è tirare fuori tutti i nostri tesori nascosti"

Il prefetto dell'Ambrosiana mostra i manoscritti miniati: "Non c'è solo il genio Leonardo, ma ci mancano gli spazi"

"Il mio sogno è tirare fuori  tutti i nostri tesori nascosti"

«Il quadro più significativo di questa sala è il Paradiso di Palma il Giovane» dice il prefetto della Biblioteca Ambrosiana, monsignor Marco Ballarini, nel suo studio, eden per appassionati di storia, arte, letteratura e umanità varie. Tra i quadri e il Crocifisso, c'è una biblioteca nella biblioteca, quella del Beccaria, tanti «Dei delitti e delle pene» in quasi tutte le lingue europee. Squilla il telefono. È la vedova Fiaccadori, che ha donato l'importante biblioteca del marito Gianfranco, bizantinista. «Il nostro problema è dove mettere tutto quel che custodiamo. È bene che i libri stiano in posti dove possono essere consultati. Abbiamo bisogno di trovare un deposito più vicino rispetto a Cislago» dice colui che dal gennaio scorso è alla guida dell'istituzione fondata nel 1604 da Federico Borromeo.

Qual è l'ispirazione culturale che vorrebbe dare all'Ambrosiana?

«Non è che le finalità dell'Ambrosiana cambino al cambiare del prefetto, al massimo posso portare la mia sensibilità, caratterizzata da due cose. La prima è il buon vicinato, non solo con i parenti stretti come il Duomo, ma anche con il Museo della Scienza e della Tecnologia e con le Università. E poi desideriamo mettere a disposizione la nostra presenza culturale per la città di Milano ma non solo, perché della nostra Accademia, in modo particolare per le classi di studi africana, asiatici e di slavistica, fanno parte intellettuali di tutto il mondo».

L'Ambrosiana in questi ultimi anni è stata identificata da molti soprattutto con Leonardo. Ne è il simbolo?

«L'Ambrosiana non è solo Leonardo. Leonardo è un grande, un genio assoluto che continueremo a valorizzare sempre. L'anno prossimo ci saranno quattro mostre dedicate a lui, perché è l'anno leonardiano: ricordiamo i 500 anni dalla morte. Ma stiamo anche allestendo la sala Raffaello, a cui sta lavorando Stefano Boeri, per accogliere il grande Cartone preparatorio per l'affresco della «Scuola di Atene» in Vaticano, che è in restauro».

Lei è noto per l'importanza che dà alla letteratura, come scienza umana che arricchisce la teologia. Pensa a iniziative in questa direzione?

«Ce ne sono già tante, come i Giovedì letterari, le scuole di filologia, gli incontri Attorno a un codice, e la Summer School, che vede ogni anno la partecipazione di un centinaio di liceali entusiasti. Mi piacerebbe poter organizzare una specie di Summer School per insegnanti o, meglio ancora, per insegnanti e alunni insieme. Uscirà a breve con il Centro Ambrosiano un «Dizionario biblico della letteratura italiana» che ho diretto e al quale lavoro con docenti dell'Università Cattolica da parecchi anni. Sono molto stimolanti i riferimenti bibliografici. Ci sono tante sorprese».

Aprendo a caso le bozze, Italo Calvino parla della Madonna e di san Giuseppe.

«I più interessanti sono proprio gli scrittori cosiddetti atei o quasi, perché la Bibbia è un riferimento culturale imprescindibile anche per chi non lo considera un testo sacro. D'Annunzio è pieno di Bibbia ma anche altri che sembrano più scettici in certi momenti della vita e dell'opera letteraria. Montale è ricchissimo di riferimenti biblici, così come Ungaretti e Luzi».

Qualche voce del Dizionario che l'ha particolarmente colpita?

«Anche chi sembra usare la Bibbia in modo dissacrante, come il Pulci, che pare bestemmiare con la Trinità della salciccia e del tortello, offre suggestioni interessanti. Per non dire di Boccaccio: c'è chi legge il Decameron come un cammino verso Dio, da ser Ciappelletto figura di Giuda a Griselda, figura di Maria».

Ha un sogno nel cassetto che desidera trasformare in realtà nel tempo in cui è chiamato a guidare l'Ambrosiana?

«I sogni per avverarsi devono diventare condivisi. Abbiamo in programma per il 2020 un grande convegno sul progetto culturale di Federico Borromeo. Per ora mi piacerebbe far conoscere i tesori nascosti dell'Ambrosiana. I manoscritti, ad esempio, che sono di una bellezza stupefacente. C'è una serie infinita di manoscritti bellissimi che non si vedono, come l'Ilias Picta, il Libro d'ore del Borromeo, dono di nozze, che è un officiolo, ovvero un libro di preghiere per laici, il De divina proportione di Luca Pacioli, codici arabi molto belli come il Libro degli animali di al-Jahiz».

Qui è custodito il Virgilio del Petrarca. Ci racconta come si parla della morte di Laura, il 6 aprile del 1348?

«Petrarca ha annotato il giorno della morte di Laura come di altre persone a lui care, ma tutto lascia pensare che sia una data simbolica, come il giorno in cui si sono conosciuti. Non è strano innamorarsi il Venerdì Santo? Forse anche il nome è inventato, scelto perché si prestava a giochi poetici».

Ci spiega qualcosa in più dei giochi?

«Ci sono troppe coincidenze nell'intera vicenda che lui racconta. È probabile che una donna ci sia stata, o forse più d'una, ma è avvenuto qualcosa che lui riplasma e idealizza a suo modo. Anche se si fosse chiamata Laura, non siamo in grado di identificarla storicamente».

Perché i dottori dell'Ambrosiana sono tutti uomini?

«Siamo tutti uomini perché siamo tutti preti, preti al servizio della Biblioteca così come voluto dal Borromeo. Ancora oggi è il vescovo a scegliere i dottori. Se l'Ambrosiana si aprirà ai laici, entreranno anche le donne, ma al momento non esiste un progetto in questa direzione».

Lei che ne pensa? Le piacerebbe che l'Ambrosiana si aprisse anche ai laici e così alle donne?

«Finché ci sono i sacerdoti... I sacerdoti fanno una promessa di obbedienza al vescovo alla quale i laici non sono tenuti. Tra i sacerdoti la disponibilità verso il vescovo c'è sempre e comunque. Se entrassero dei laici nel collegio dei dottori, bisognerebbe procedere, come in ogni altra istituzione, a stabilire rapporti con norme e contratti. Si perderebbe questa peculiarità».

Qual è la giornata tipo di un dottore dell'Ambrosiana?

«Il nostro motto è singuli singula, a ciascuno il proprio settore, e ognuno di noi ha anche una propria vita. Io per esempio sono anche canonico del Duomo e alle 8,15 celebro in cripta la Messa e le Lodi e alla sera il Vespero e l'Ufficio delle letture. In mezzo ci sta lo studio o i compiti che spettano a un dottore».

Vivete tutti insieme o ciascuno a casa propria?

«Qui viviamo in quattro, ma gli altri abitano abbastanza vicini».

Mangiate insieme?

«Non c'è mensa comune, ognuno pranza per conto proprio: in ogni appartamento c'è una cucina».

«Singuli singula» anche a tavola?

«Non abbiamo organizzato una mensa. Però si studia tutti insieme, nella sala iemale in cui ci troviamo tutti noi.

Poi ci sono incontri mensili del Collegio dei dottori per prendere le decisioni comuni».

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