Cronaca locale

Monica Guerritore: "Porto in scena lo sguardo di Allen"

L'attrice debutta con il suo "Mariti e mogli". "Profondità e leggerezza, come nei suoi film"

Monica Guerritore: "Porto in scena lo sguardo di Allen"

Grazie al cielo da questa parte dell'oceano si è un po' più allergici a rifilare «lettere scarlatte» e liste di proscrizione all'insegna di un sex-maccartismo puritano e liberal. Grazie al cielo, qui e oggi, Woody Allen è ancora Woody Allen: un grande autore cinematografico e un sublime narratore delle debolezze umane. Prima di tutto le sue, naturalmente. Da due anni Monica Guerritore, come regista e interprete, porta in scena Mariti e mogli, da lei stessa adattato dall'omonimo film del 1992 del piccolo grande cineasta di Manhattan. L'idea, a dire il vero, venne alla collega e amica Francesca Reggiani, che non a caso è accanto a Guerritore (e ad altri sei attori) in questa piéce incentrata su disvelamenti esistenziali e sentimentali scatenati da una sorta di imprevista cattività.

«Di un artista come Woody Allen si giudicano le opere taglia corto Monica Guerritore presentando lo spettacolo al Teatro Manzoni, dove lo spettacolo va in scena da questa sera al 18 marzo ( ore 20.45, domenica ore 15.30, ingresso 35-23 euro, info 02.76.36.901) I suoi film stanno lì a dimostrare uno sguardo di comprensione e tenerezza per le debolezze degli esseri umani tutta femminile. In questo, come donna, mi trovo molto vicina ad Allen. E sono orgogliosa che da lui stesso, non dai suoi legali, sia giunto il placet a che adattissimo il suo film. Allen sapeva dei miei trascorsi con Strindberg e Bergman, suoi ispiratori e maestri».

Woody dunque si è fidato. Anche di una inevitabile, importante modifica, che la stessa Guerritore spiega: «Non potendo illustrare i vari luoghi newyorchesi che fanno da sfondo alla storia, ho scelto l'unità di tempo e spazio di una sala da ballo, nella quale un gruppo di uomini e donne è costretto a trascorrere, a causa di un black out, una notte dionisiaca: tra vino, musica e imprevisti va in scena una confessione collettiva, delicata, divertita e divertente, e però molto profonda. Perché la grandezza di Woody Allen è questa: rappresentare in profondità la natura dell'uomo, con tutte le sue inadeguatezze, soprattutto di fronte al grande tema dell'amore e del sesso, ricorrendo a una malinconica leggerezza».

Trattandosi di una sala da ballo, il genere swing, tanto amato dal cineasta di Manhattan, decorerà di suoni e atmosfere la scena: da Louis Armstrong a Etta James, le nostalgiche armonie dell'easy jazz anni '30 e '40 culleranno le inquietudini dei protagonisti. Il teatro preleva molto, di questi tempi, dal cinema, ammette Monica Guerritore.

Ma ci sono due spiegazioni artisticamente antitetiche: «Da una parte si cerca con astuzia una scorciatoia: conclude l'attrice romana andare incontro alla pigrizia del pubblico, e al contempo diminuire il rischio commerciale. Dall'altra, però, vanno considerati due aspetti importanti: il primo è che oggi in giro non ci sono molti validi sceneggiatori, e quelli che ci sono preferiscono misurarsi con serie tv e cinema; il secondo è che oggi il pubblico ha il desiderio di uscire dal teatro classico, dalla sua tecnica di enunciazione nel quale si ritrova sempre meno. Il pubblico non fugge dalla profondità, ma la vuole ritrovare in un linguaggio contemporaneo.

Un giorno, chissà, nascerà nuovamente un grande drammaturgo per il teatro, capace di chiamare a sé un vasto pubblico».

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