Cronaca locale

Murato in una cantina, catturato il vero killer

Svolta a sorpresa nel delitto Deiana, in manette un investigatore. Il complice si era preso la colpa

Paola Fucilieri

Denaro legato a una partita di droga non pagata. Per cos'altro uccide la 'ndrangheta? Anche se la sparizione prima e l'omicidio poi dei fratelli Deiana - Salvatore, il maggiore, nel 2009 quindi tre anni dopo Antonio - sembra sempre più simile alla trama di un romanzo di Leonardo Sciascia sulla mafia, popolata com'è da personaggi infidi, che piano piano emergono dal cono d'ombra del male peggiore rivelandosi per quelli che sono: criminali spietati.

L'ultima sterzata nelle indagini, clamorosa ma ci si augura anche conclusiva, c'è stata venerdì. Quando gli investigatori delle squadre mobili di Como e Milano, rispettivamente dirette da Sergio Papalino e Lorenzo Bucossi, quindi gli uomini del commissariato Greco Turro, tutti coordinati dal procuratore capo di Monza Luisa Zanetti, hanno svelato che a uccidere Antonio Deiana - scomparso il 20 luglio 2012 e il cui corpo fu trovato solo a luglio di quest'anno, dunque sei anni dopo - non è stato come si credeva il 37enne pregiudicato siciliano Luca Sanfilippo, bensì un investigatore privato ed esperto di sicurezza di 44 anni, Nello Placido, residente a Monza. Accusato di concorso in omicidio aggravato dalla premeditazione e soppressione di cadavere, ora Placido è in carcere a Monza. In cella, però, c'era già stato: per alcuni affari sporchi aveva precedenti per reati finanziari e per stupefacenti.

Quattro mesi fa Sanfilippo si era autoaccusato del delitto Deiana, a suo dire avvenuto al culmine di una lite per motivi di droga con Antonio, sostenendo di essere l'unico omicida, «forte» del fatto di abitare proprio nello stesso condominio in cui avvenne l'assassinio e nella cui cantina il cadavere era rimasto murato fino ad allora, sotto il pavimento. Le sue parole sembra però non avessero convinto gli inquirenti che hanno proseguito le indagini, fino all'arresto di Placido venerdì. Una cattura confortata da una serie di intercettazioni ambientali anche in carcere dove Sanfilippo, tra l'altro, ha confessato a una conoscente in visita: «Non sono stato io».

L'investigatore ha ucciso Deiana - sgozzandolo, come hanno dimostrato le analisi medico legali, con un colpo secco alla gola, particolare omesso nella confessione di Sanfilippo che invece aveva sempre parlato di «sette coltellate al torace» - oltre che per una partita di 4 chili di droga non pagata anche per il furto di un borsone con 20mila euro su un'auto. Soldi che Placido teneva lì per pagare un debito. Appena un mese dopo Placido regola i conti con Deiana a casa di Sanfilippo. Che si è accollato la totale responsabilità dell'omicidio, negando di aver mai conosciuto l'investigatore, «per l'omertà della mentalità mafiosa del contesto in cui vivono questi criminali», hanno detto gli inquirenti.

Salvatore Deiana, già pregiudicato per sequestro di persona e che oggi avrebbe 48 anni, era sparito l'8 marzo 2009 dalla sua abitazione di Civello di Villa Guardia (Como) dove viveva con i genitori e il fratello minore Antonio. Uscì per andare a bere un caffè e nessuno lo vide più. Nel 2014, però, il caso era stato riaperto e gli inquirenti comaschi avevano trovato anche i suoi resti nell'Olgiatese: accoltellato e sepolto dai padrini della 'ndrangheta. Imputati per quel delitto furono Franco Virgato, 47 anni di Appiano Gentile, e Giuseppe Monti, 38 anni di Bregnano, condannati poi rispettivamente a 20 e 15 anni e 4 mesi.

Antonio Deiana scompare a 36 anni poco prima di mezzogiorno del 20 luglio 2012 sulla Kawasaky 750 prestatagli da un amico. «Mi vedo con un tizio ma a pranzo sono qui» dice alla nonna.

Non lo rividero mai più.

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