Cronaca locale

La musa di Giorgio Armani «Milano? Era la mia favola»

Antonia Dell'Atte racconta la città che ha vissuto negli anni '80 «Ero una terruncella, il Maestro mi trasformò in una top model»

Anche le muse cucinano. E cantano, pure. Così, nella bella casa milanese di Antonia Dell'Atte il profumo di verdure e lenticchie aleggia nell'aria come un'essenza preziosa. E la voce di Antonia (molto intonata, tant'è che ha inciso un disco e in Spagna, sua seconda patria, è conosciuta come cantante e conduttrice televisiva, peraltro amatissima) accompagna l'atmosfera rilassata e informale di un pomeriggio autunnale tra qualche amica e il figlio 25enne Clemente. Si sta bene a casa della musa di Giorgio Armani, una che potrebbe «tirarsela» alla grande: a 55 anni suonati e senza un ritocco è ancora bellissima e snella. Senza contare che quel che è accaduto a lei accade raramente. Quando uno sguardo, un modo di muoversi, tutta una particolare fisicità si sovrappongono inequivocabilmente a una griffe, a un ben preciso stilista. Eppure se si prova a chiederle quando è diventata cosciente del proprio successo, Antonia nicchia: «Sto ancora aspettando di esserne cosciente».

Ma scusi: Giorgio Armani, a settembre, in occasione dei suoi 40 anni di carriera, ha presentato il libro sul suo lavoro e la sua vita e l'ha voluta accanto (e nel volume) come musa e come amica. E lei è ancora insicura?

«Chi ha fatto veramente la gavetta forse non si sente mai veramente arrivato. O pensa che tutto possa svanire da un momento all'altro. Quando sono venuta a vivere a Milano per fare la modella, negli anni '80 - su sollecitazione di Luciana, una milanese che veniva in vacanza in Puglia e che da allora è la mia migliore amica -, mi sentivo come un diamante grezzo da ripulire. Avevo 19 anni, ma tante cose di me stessa non mi convincevano. Bella ma terruncella, insomma. E le agenzie di moda me lo fecero capire in fretta».

Anche allora andavano di più le straniere?

«Certo: Iman, Pat Cleveland, la brasiliana Dalma. Tra le italiane andava forte solo Alda Balestra, poi diventata mia cara amica. Così cominciai a lavorare per gli show room: Alberta Ferretti, Basile. Guadagnavo 2-300mila lire, mi tenevo quel che mi serviva per l'affitto e mandavo il resto dei soldi a casa perché con tre sorelle, un fratello, una madre separata si facevano i salti mortali per tirare avanti».

Ma che Milano era? Vita notturna?

«C'era una grande leggerezza. La Milano da bere l'ho vissuta in tutta la sua pienezza, ma non ho mai fatto uso di droghe. Mi sono divertita tanto, ho partecipato a feste principesche, a grandi balli, frequentavo il “Plastic“, il “Caffè Roma“, la discoteca aperta da Philippe Junot e Beppe Piroddi a Brera, dove capitava d'incontrare anche “miti“ come Mick Jagger e Jerry Hall. Non sono un'ingenua: quello che c'era intorno a me lo vedevo, certe proposte le ho ricevute anch'io. Mi ostinavo però a fare una vita regolare. E così a certi party iniziarono a non a invitarmi più. Avevo in affitto una casa nella zona di via Padova dove passavano tutte le modelle dell'epoca, le ospitavo io: ad esempio Rita Rusic. Alle ragazze che stavano a casa mia facevo da chioccia. “Tornate a casa a dormire“ raccomandavo».

E la sua favola privata com'era?

«Il figlio di Valentina Cortese, Jack Basehart, s'innamorò di me. Mi fece una corte serratissima alla quale non riuscivo ad abbandonarmi, perché in quel momento avevo altre priorità. Avevo la testa sulle spalle, capisce? Forse anche troppo. E un forte senso della dignità».

Ma poi cedette?

«Si. E fu amore vero. Jack era bellissimo, buono, un vero gentleman. Mi affascinava proprio quel suo essere un uomo d'altri tempi. Aveva 11 anni più di me, mi adorava (ricambiato), sembrava un Clark Gable moderno. Peccato fosse tanto geloso e io non ho mai amato il gioco al massacro. Poi non ci pensavo nemmeno a tradirlo. Insieme a lui vivevo su una nuvola. Sua madre mi prestava degli abiti stupendi per andare alle feste. La nostra fu una storia d'amore splendida. Andai a vivere nella casa con il chiostro in piazza Sant'Erasmo, dove Valentina aveva abitato con Giorgio Strehler. Ci tenevo però a realizzarmi nella moda, a fare qualcosa di concreto, il mio sogno era ben diverso dal farmi mantenere da un uomo. Jack pensava avessi talento come attrice».

E lei, prima ancora di diventare «la» modella di Armani, infatti fece davvero l'attrice!

«Visto che stentavo a decollare con le sfilate, andai a Roma dove mi cercai un agente e mi offrirono una parte per girare un film di Lina Wertmuller con Enrico Montesano e Veronica Lario Sotto Sotto strapazzato da anomala passione. Fu una bellissima esperienza, anche dal punto di vista umano».

Com'era la sua vita romana? Una dolce vita?

«Beh, direi proprio di sì. Jack aveva una villa sull'Appia antica che divideva con l'amico fraterno Massimo Serato (attore ed ex compagno di Anna Magnani, ndr ). Mi capitava di cenare con persone come Franco Zeffirelli, sì, ma ho sempre fatto tutto con grande naturalezza...Anche quando andavamo a casa di Francesca Vacca Agusta, a Portofino e tornavamo a Milano con l'aereo di Craxi beh, non mi sono mai montata la testa».

Ma quando arriva Armani nella sua vita?

«Calma. Quell'anno, alla fine dell'83, il parrucchiere milanese Severgnini mi chiese di tagliarmi i capelli per una pubblicità dei suoi saloni. Ero incerta, ma mi proposero un compenso di 2 milioni, che allora erano davvero tanti soldi, così alla fine decisi di affidarmi alle forbici del coiffeur. Poco dopo dovevo rappresentare l'Italia in un concorso alle Hawaii dal titolo The most beautiful girl in the world e sapev o che avrei potuto piazzarmi bene. Quando giunsi a Honolulu, però, capì che si aspettavano una ragazza con i capelli lunghi, come apparivo nelle foto che avevo mandato e com'erano anche tutte le altre partecipanti. Così, anziché arrivare tra le prime tre, venni selezionata tra le prime dieci. Tornata a Milano, andai con Jack e tanti amici a cena da “Bice“. Mi accorsi che nell'altra stanza c'era un altra tavolata da cui proveniva uno strano brusio, come se ci stessero spiando. “È il signor Armani“ mi dissero».

E cosa accadde?

Il giorno dopo alle 8.20 ricevetti la telefonata di Lorenzo Pedrini della Fashion Model . “Armani ti vuole“ mi disse. Corsi in via Borgonuovo con il mio book e le foto fatte da Giampaolo Barbieri per Vogue. “Non mi interessano“ replicò Giorgio. E mi fece subito indossare i suoi tailleur e andare per la strada, a posare, per le sue foto, tra le quali anche quella famosa con i quotidiani in mano».

Finalmente il salto di qualità. Quello vero.

«Mi si aprì un universo meraviglioso. Viaggiavo, lavoravo, era tutto stupendo, decidevo io i compensi. Però ero ancora molto incosciente delle mie potenzialità, ero così felice che avrei lavorato anche gratis. Nel frattempo mi ero lasciata con Jack, ma eravamo rimasti molto amici. Comprai una casa a mia madre in Puglia, affittai un appartamento in Porta Romana . Ero invitata ovunque, ma rifuggivo le situazioni promiscue e, se mi trovavo in un frangente scomodo, cercavo sempre di portare gli altri sul mio terreno. Ero un po' selvaggia, ma la gente di sani principi mi adora, ho tanti amici e numerose testimonianze di affetto».

Nell'87 partecipa a Drive In .

«Ero impegnata con la moda, ma mi piaceva anche comunicare. Antonio Ricci disse che adorava il mio dialetto brindisino. Così interpretai per il suo show la top altera e distaccata che, all'improvviso, iniziava a sfogarsi in pugliese, concludendo con la frase, che divenne celebre: “Scusate, ho avuto il mio momento casual“».

La sua passione restava la musica, però

«Infatti nel 1993 ho partecipato al video della canzone Caffé de la Paix del mio amico Franco Battiato. E la sua canzone La cura , l'ho ascoltata a lungo nei momenti duri...».

Giorgio Armani come commentò queste sue esperienze extra moda?

«Ha sempre detto che lo facevo ridere e, anche in quel caso, fu uno dei miei primi fan...Giorgio mi è stato molto vicino in frangenti difficili della vita: non parla molto, ma nel momento del bisogno c'è».

Come durante il suo turbolento matrimonio con il conte italo spagnolo Alessandro «Dado» Lecquio di Assaba e Torlonia - nipote dell'infanta Beatrice Borbone di Spagna?

«Esatto. In Spagna, dopo la separazione diventai mio malgrado un personaggio. La posizione di donna sola, con un figlio, che aveva però dalla propria parte la famiglia reale spagnola (fatto non scontato, visto che erano i parenti diretti di mio marito e invece, parteggiavano per me) mi rese celebre, venni invitata a dei programmi, intervistata, feci la conduttrice, la cantante. In quelle apparizioni, in quei programmi era Armani a fornirmi il guardaroba. Di recente, per un disturbo alla vista, Giorgio ha sdrammatizzato: “Non ti preoccupare - mi ha detto - ci sono degli occhiali così belli!“ È il suo modo di starmi accanto».

Lei, dopo la fine del suo matrimonio, è come risorta dalle ceneri: ora ha ottimi rapporti con il suo ex, ha cresciuto un figlio bello e in gamba, insegnandoli ad apprezzare suo padre, vive tra Barcellona, Milano e la Puglia...Come ha fatto?

«Ho sfiorato la depressione, ma la fede mi ha aiutata. Moltissimo. Non rinuncio all'appuntamento quotidiano con il Rosario e l'8 dicembre farò la cresima, in Puglia».

Un'ultima domanda: che consiglio darebbe a un'aspirante modella?

«Le donne di Giorgio Armani sono sofisticate, piene di mistero. Oggi m'imbatto in ragazze tutte uguali. Credo che chi vuole provare questa esperienza debba farlo, assolutamente.

Tuttavia non stare nella massa, come feci io ai miei tempi, e diventare qualcuno diversificandosi, è diventato molto più difficile».

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