Cronaca locale

«Nella moschea inviterei tutti E a Gaza chiediamo giustizia»

Quello di Pietro Danova è un nome conosciuto dell'islam milanese. È stato esponente della Casa della cultura di via Padova e fra i fondatori del Forum delle religioni. E il Caim gli ha affidato l'incarico di responsabile del dialogo interreligioso.

Danova, cosa dite delle atrocità dell'Iraq?

«Noi rivolgiamo preghiere a Dio chiedendo di fermare i massacri quotidiani di uomini. Solo Dio può dare e togliere la vita. Nessuna religione insegna a uccidere. Sono invece la grande ignoranza e lo sfruttamento della religione a portare massacri».

La preghiera interreligiosa di Milano come la giudica?

«Sono favorevole sicuramente. Anzi, non dovrebbe limitarsi a un solo giorno, altrimenti è una goccia nell'oceano. Forse non è un momento appropriato e si poteva fare a fine mese. Noi viviamo in un luogo sicuro ma tanti vivono sofferenze, guerre, e la nostra preghiera deve essere rivolta a tutti coloro che sono maltrattati, senza trascurare nessuno».

Chi è stato trascurato?

«Ci sono perseguitati di cui si parla poco. In Nigeria per esempio, o in altri Paesi in cui ci si combatte».

Che può dirmi di Hamas e di Gaza?

«Dico che bisognerebbe vivere la loro vita, la loro situazione e le loro sofferenze, altrimenti non possiamo giudicare Hamas o altri gruppi. L'errore che si fa in tutte le guerre è non capire le cause del conflitto, dovremmo invece approfondire anche perché sono i poveracci che ci vanno di mezzo».

Mi dica lei quali sono le cause.

«Bisogna capire davvero le radici del problema. Né io né lei possiamo giudicare».

Ma lei spera in una tregua a Gaza?

«Non mi auguro la tregua, mi auguro la giustizia».

Si augura la pace?

«Sì, la giustizia porta pace duratura. La pace basata sulla giustizia è pace duratura, altrimenti è illusoria».

Qui a Milano siete vicini ad avere una moschea?

«Ormai da 20 anni siamo in ballo per la moschea. La Costituzione lo garantisce, anche perché si parla di extracomunitari ma ormai siamo cittadini italiani di religione islamica».

Il presidente della comunità ebraica chiede che le moschee non siano luoghi di odio. Lei lo inviterebbe in moschea stringendogli la mano?

«Non vogliamo ghettizzarci. Vogliamo moschee come luoghi anche di incontro culturale. Io vengo dal Marocco, i miei vicini di casa erano ebrei e giocavamo insieme. Io stringerei la mano a tutti. Lo farei anche con un nemico con intenzioni buone.

È giusto farlo se si vuol costruire un avvenire per tutti».

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