Cronaca locale

"Nell'Anno del Cancro metto in scena la malattia dell'amore"

Prima italiana per il regista fiammingo Perceval: ecco l'incomunicabilità dell'oggi

"Nell'Anno del Cancro metto in scena la malattia dell'amore"

Diciamo la verità: è un vero peccato che la Milano teatrale, che da tempo non è più tappa di grandi regie internazionali, dedichi solo una toccata e fuga alle poche produzioni europee contemporanee degne di rilievo. Una è quella che debutta oggi, ahimè soltanto fino a domenica, sul palcoscenico del Piccolo Strehler e che vede per la prima volta in Italia uno spettacolo di Luk Perceval, astro fiammingo del teatro contemporaneo, famoso in Europa soprattutto per le sue destabilizzanti maratone shakespeariane. L'occasione, più unica che rara, è quella dello spettacolo The year of Cancer, dramma tratto dall'omonimo romanzo dello scrittore belga Hugo Claus. La storia è un viaggio introspettivo e disperato nell'impossibilità di una coppia a realizzare l'utopia di un amore cercato e rifiutato. Più che una storia d'amore una storia sull'amore di questi tempi. «Lo avevo letto quando avevo 17 anni e ne ero rimasto colpito; ma quando l'ho ripreso per il riadattamento scenico ne ho apprezzato la bellezza ma soprattutto la struggente attualità». Il segno di Perceval, regista abituato a mettere in scena il linguaggio del corpo prima del testo, è la cruda rappresentazione dei due protagonisti, un uomo e una donna avviluppati in una spirale di incomunicabilità mascherata da surrogati relazionali. Il sesso prima di tutto, cercato parossisticamente per il raggiungimento di un'intimità che rimarrà irrealizzata anche a causa della fine predestinata di lei che è la metafora del titolo. La scenografia, scarna ma fortemente espressionista, è costellata di bambole falliche sospese in aria che, nell'intenzione del regista, simboleggiano i feticci di un ideale amoroso racchiuso nell'immaginario della società contemporanea «nel soddisfacimento immediato e quindi precario». Come in un saggio di Bauman, i due protagonisti sperimentano in modo tragicomico le mille possibilità di un «amore liquido» che scorre senza possibilità di futuro tra alcol, droghe, e manuali sul kamasutra. Ma il sottotesto, precisa Perceval, è un atto d'accusa contro la società contemporanea, quella «di una sessualità che anche nei giovani viene venduta dal mondo virtuale e anomico di internet; e quindi la vera pornografia, parafrasando Pasolini, è nelle illusioni del modello capitalistico». È una battaglia, più che un rapporto, quello interpretato dai due bravi attori Maria Kraakman e Gijs Scholten van Aschat della rodata compagnia stabile olandese Toneelgroep Amsterdam. Proprio loro avevano già messo in scena il dittico, diretto da Ivo van Hove, Dopo la prova/Persona di Ingmar Bergman.

Di bergmaniano, nell'Anno del Cancro, compare solo una parola amore senza nè estati nè sinfonie.

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