Cronaca locale

«Nessuna Mercedes dal boss»: prosciolto vigile

Archiviate le accuse al commissario aggiunto che denuncia: «Sono vittima di faide interne»

Cristina Bassi

Una Mercedes in regalo da un pregiudicato figlio di un pezzo grosso di Cosa nostra in cambio di favori: è a causa di questa accusa che un commissario aggiunto della polizia locale è finito in una bufera mediatica e giudiziaria durata oltre quattro anni. Peccato che l'accusa si sia rivelata falsa e oggi il vigile sia stato prosciolto. Lo stesso pm Giovanni Polizzi ha chiesto l'archiviazione dell'inchiesta e il gip Maria Cristina Mannocci ha accolto (con decreto del 13 settembre).

La brutta storia di accuse incrociate e rivalità all'interno del corpo di polizia locale comincia nella primavera del 2012, quando il nome di Costantino G. finisce accostato a quello di Guglielmo Fidanzati. Quest'ultimo, arrestato per traffico di droga e morto in carcere nel 2014, è figlio di Gaetano, a suo tempo considerato nella gerarchia mafiosa appena un gradino sotto Matteo Messina Denaro. Guglielmo comparirà nelle indagini sulle rapine del 2011 in due importanti gioiellerie del centro e come socio occulto di alcuni locali della movida. Il fascicolo a carico di Costantino G. per concorso in corruzione e truffa con la moglie Laura C. e altri quattro indagati viene aperto dal pm Giuseppe D'Amico (poi trasferito) nel 2014. L'accusa: aver annullato una serie di multe per compiacere il «gruppo Fidanzati» e aver ottenuto una Mercedes Classe A, intestata alla moglie del commissario.

Ora il pm nella richiesta di archiviazione restituisce l'onore al vigile e alla moglie sua collega, assistiti dagli avvocati Gabriele Vitiello e Giuseppe Policastro. Anche gli altri indagati sono stati archiviati. Polizzi definisce «non sufficientemente provati» e infondati i reati contestati. Riconosce che gli indagati hanno dimostrato con i documenti di aver pagato di tasca propria gli oltre 19mila euro per l'acquisto della macchina usata. E soprattutto che le dichiarazioni della «pentita» Pamela Tordini, in passato vicina a Fidanzati, «pilastro» delle accuse a Costantino G. sono «prive di adeguati riscontri». Tra l'altro di recente la donna in un processo in cui è imputata per associazione a delinquere finalizzata al trasferimento fraudolento di valori ha in sostanza ritrattato le proprie vecchie affermazioni sulle attività di Fidanzati. Sostenendo che quello che aveva dichiarato le era stato «tanto consigliato» dal suo ex avvocato. Infine l'ufficiale indagato ha spiegato nell'interrogatorio che la presunta «amicizia» con il pregiudicato è stato in realtà un contatto occasionale e indiretto tramite un comune conoscente. Tutto risolto? Non proprio. «Questa storia ha rovinato me e la mia famiglia - dice l'amareggiato commissario aggiunto, 41 anni e da 17 nel corpo -. Le mie figlie adolescenti hanno sofferto molto. Io sono stato per un periodo assegnato a una sede diversa dalla mia e demansionato. Mia moglie è stata trasferita per opportunità e non è ancora potuta tornare al proprio ufficio». Dietro ci sarebbero anche dissapori e vendette tra vigili (allo stesso corpo erano state affidate le indagini su Costantino G.). L'ufficiale era infatti stato accusato dai colleghi di abuso d'ufficio e di aver falsificato dei verbali. Pure queste contestazioni sono cadute. «Lavoriamo tuttora in un clima ostile.

Il comando non ci ha tutelato in questa la vicenda - conclude il vigile -: l'indagine interna fu immediata, mentre stiamo ancora aspettando un incontro con i vertici per un chiarimento e un riconoscimento della nostra lealtà».

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