Cronaca locale

Niente partita a San Siro Milano sbarra la strada alla haka degli All Blacks

Il test con la nazionale azzurra non si farà L'assessore: «Milan e Inter hanno detto no»

Luca Fazzo

Ci possono suonare i Modà, giocare il Sassuolo, cantare i cresimandi. Una sola cosa pare che a San Siro non si possa fare: giocare a rugby. Per la seconda volta, i vertici della pallovale italiana chiedono di poter celebrare al Meazza l'evento più importante che questo sport possa immaginare: il test match della Nazionale con Gli All Blacks, i campioni del mondo noezelandesi. E per la seconda volta la risposta è: no. Per il consorzio - controllato da Inter e Milan - che ha le chiavi dello stadio, il rugby è un nemico. Così, come già nel 2012, il prossimo 12 novembre Italia-Nuova Zelanda si giocherà all'Olimpico. Con buona pace degli appassionati, che vivono per la maggioranza al nord, e pure degli sponsor, che avrebbero preferito di gran lunga il palcoscenico del Meazza.

Da cosa nasca questo ostruzionismo è difficile capire. Le preoccupazioni per i danni al campo dovrebbero essere fugate dall'unico precedente, quando nel 2009 azzurri e tutti-neri si affrontarono per la prima e unica volta al Meazza, e lo restituirono in condizioni perfette. E peraltro il presidente della Federazione Rugby, Alfredo Gavazzi, ha reso noto l'altro ieri che un agronomo ha esaminato un campo con struttura identica a San Siro, e ha concluso che «in tre o quattro ore» il campo avrebbe recuperato in pieno: come d'altronde recuperano in pieno i tanti campi da rugby dal fondo sintetico quanto e più di San Siro.

E allora? Nel mondo della pallaovale, le spiegazioni vanno dalla semplice miopia all'invidia: invidia verso il clima che il rugby riesce a raccogliere intorno a sè, trasformando una partita della Nazionale in una pacifica bisbocciata di ottantamila persone, e cui il calcio sa rispondere solo con le scene truci che si sono viste agli europei di Francia. Ma chi ha seguito dall'interno la vicenda racconta che il no è arrivato anche in nome di un utilizzo esclusivo del Meazza a fini calcistici, imposto dai nuovi management di Inter e Milan rottamando la filosofia di «stadio aperto» che era figlia dell'epoca Moratti-Berlusconi.

Per imporre il rifiuto, Milan e Inter non hanno esitato a mettersi in rotta di collisione anche con il Comune di Milano, che dello stadio è comunque il padrone. «Io - racconta il nuovo assessore allo sport, Roberta Guaineri - ho fatto richiesta formale alle due società perché accogliessero la richiesta. Avevano il diritto di dire di no, e lo hanno fatto. Non mi resta che prenderne atto con grande rammarico» Ma ora la Guaineri ha due chance per riscattarsi davanti al mondo ovale: imporre la linea del Comune in vista del 2018, quando gli All Blacks torneranno in Italia; e soprattutto accettare la richiesta della Fir di inserire San Siro tra gli impianti disponibili ad ospitare la Coppa del Mondo 2023, se si riuscirà a portarla in Italia.

San Siro sarebbe il teatro perfetto per una finale mondiale: a meno che anche stavolta Inter e Milan non abbiano partita vinta.

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