Cronaca locale

Nitsch, lo sciamano dell'arte torna a «provocare» all'Out Off

Antonio Bozzo

«Gli piaceva lo scantinato in viale Montesanto 8: sembrava una catacomba. Era un martedì, quel 30 novembre del 1976. La performance iniziò alle 21 e finì alle 2 di notte. Sono passati 40 anni ma mi sembra che Hermann Nitsch non sia mai andato via, figuratevi che gioia rivederlo il 30 novembre, domani, all'Out Off». Sta parlando Mino Bertoldo, fondatore e direttore del teatro da molti anni in via Mac Mahon. Comprensibile che nella voce ci sia una traccia di commozione: ne è passata di acqua sotto i ponti, dalla lontana, storica e forse mitica serata. «La cantina che ospitava Out Off era strapiena. Nitsch mi chiese 100 litri di sangue animale, budella fumanti, capretti appena uccisi. Due attori nudi venivano crocifissi in un clima di orgia e di festa. In scena si beveva il sangue, si mangiavano trippe crude. Fu una fortuna che la polizia non si accorse di nulla e non cancellò lo spettacolo a forza, come capitò altrove. Da quella sera è cambiato il mio modo di vedere il teatro e l'arte». Della performance teatral-artistica di un austriaco quasi sconosciuto in Italia, si accorsero critici e giornali: «L'Unità», potente organo del Partito Comunista, vi dedicò un'intera pagina di lodi; Franco Quadri ne scrisse per «Panorama»; nella sala-catacomba c'erano, penna in mano, Gillo Dorfles e Lea Vergine. In viale Montesanto si celebrò uno dei riti culturali più di avanguardia del decennio passato alla storia come Anni di Piombo. Si parlerà pure di questo, domani, quando Hermann Nitsch, oggi 78enne, risponderà alle domande di Romano Gasparotti (Brera) e Lorenzo Mango (Università di Napoli). La conferenza si terrà alle 18.30 (ingresso libero, via Mac Mahon 16) dopo la proiezione di film, dalle 12, girati dall'artista viennese. L'appuntamento è in collaborazione con la Fondazione del mecenate Peppe Morra, che a Napoli gestisce la sede museale dedicata a Nitsch. «Ci sarò pure io a salutare Hermann», dice Morra. «L'ho conosciuto nel 1973 e posso definire il nostro rapporto un grande amore. Nitsch è uno dei massimi artisti viventi. Sì, le sue performance dividono, ha avuto condanne, ma è solo l'ignoranza che può censurarlo. Molto è cambiato in meglio: il Duomo di Prato, per l'inaugurazione del museo dedicato a Pesce, ospita addirittura un'opera di Hermann.

Del resto, Nitsch, e il suo teatro delle orge e dei misteri, affonda le radici in Antonin Artaud, nelle provocazioni del Futurismo».

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