Cronaca locale

Nove anni a Daccò, la sentenza è definitiva

Il faccendiere già in carcere dal 2011 per il crac del San Raffaele

La Cassazione ha confermato la condanna a 9 anni di carcere per Pierangelo Daccò, accusato di concorso in bancarotta per il dissesto dell'ospedale San Raffaele. La sentenza per il faccendiere, che è in carcere da oltre 4 anni, è diventata dunque definitiva. Daccò è attualmente anche sotto processo per il caso Maugeri che tra gli imputati vede anche l'ex Governatore lombardo Roberto Formigoni. Daccò, finito in carcere nel novembre del 2011, era stato condannato nell'ottobre del 2012 a 10 anni di reclusione dal giudice per le udienze preliminari Maria Cristina Mannocci nel processo con rito abbreviato. Era accusato, oltre che di concorso in bancarotta, anche di associazione per delinquere finalizzata alla distrazione di fondi, all'appropriazione indebita e alla frode fiscale. Secondo la ricostruzione degli inquirenti milanesi, infatti, a partire dal 2005, dalle casse del San Raffaele, fondato da don Luigi Verzè, sarebbero stati distratti in totale circa 47 milioni (5 arrivati direttamente a Daccò), di cui oltre 35 solo per l'acquisto di un jet privato: sarebbero stati sovrafatturati i costi delle prestazioni erogate all'ente per poi retrocedere l'importo maggiorato in contanti o con bonifici bancari in parte per le esigenze del vecchio management e del suo entourage e in parte per essere girati al faccendiere che avrebbe occultato il denaro in conti all'estero rendendolo irrintracciabile. Nel giugno del 2013 la seconda Corte d'Appello (presidente del collegio Piero Gamacchio) aveva ritoccato al ribasso la condanna per Daccò, infliggendo al faccendiere nove anni di carcere. La Cassazione, poi, ha ordinato un appello «bis» per il ricalcolo della pena e nel nuovo secondo grado è stata confermata la condanna a 9 anni. La Suprema Corte ora l'ha resa definitiva, respingendo il ricorso della difesa, rappresentata dagli avvocati Massimo Krogh e Luigi Panella. Nei giorni scorsi, tra l'altro, Pierangelo Daccò aveva ottenuto gli arresti domiciliari, ma era dovuto rimanere in carcere per l'indisponibilità del braccialetto elettronico. Proprio così, nel tribunale dei mille sprechi e delle opere faraoniche e interminabili, mancavano i pochi euro che sarebbero serviti a fare uscire dalla cella un imputato che era dentro da 4 anni senza una condanna passata in giudicato. Fino a ieri.

Quanto la suprema Corte ha stabilito che la sentenza a 9 anni di carcere è diventata definitiva.

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