Cronaca locale

Via Padova, 10 anni di musica e integrazione

Al Teatro Menotti la band multietnica festeggia il progetto con la guest star Roy Paci

Ferruccio Gattuso

Non solo criminalità e spaccio. Non solo la micidiale «shaboo» e le mafie etniche che si contendono la narco- piazza nell'area di Lambrate, come scrivevamo solo ieri su altre colonne di questo giornale. Domani al Teatro Menotti (ore 21, ingresso 15-10 euro, info 02.95.40.94.82) l'Orchestra di Via Padova propone tutta un'altra musica, è il caso di dirlo, festeggiando un decennio di vita artistica con un concerto e una festa multietnica insieme al trombettista Roy Paci e ad altri giovani artisti milanesi delle più disparate origini geografiche. Nata nel 2006 proprio con l'intento di promuovere l'integrazione tra razze e culture diverse sulla piazza milanese e in special modo nella multietnica Via Padova, l'ensemble guidato dal direttore Massimo Latronico (che proprio in quella zona vive da molti anni) ha puntato tutto sul contagioso potere della musica. Il risultato? Dieci anni di concerti in tutta Italia, tre album all'attivo l'ultimo dei quali - «Acqua» - racconta di ambiente e integrazione per la prima volta attraverso composizioni originali scritte dai molti musicisti, una ventina circa, che militano tra le sue file. A raccontare il concerto atteso al Teatro Menotti è il trombettista Massimo Marcer, ex membro degli Aretuska da qualche anno coinvolto nel progetto Orchestra di Via Padova: «Ovviamente ho avuto io l'idea di coinvolgere Roy Paci, di cui gli Aretuska sono stati a lungo la band, in questa serata per noi così simbolicamente importante spiega il musicista Roy è una persona e un artista generoso e non ci ha messo nulla a dire sì. Il concerto sarà diviso in due parti: nella prima porteremo il repertorio di questi primi dieci anni, nella seconda divideremo il palco con Roy Paci ma anche con altri artisti. Ne cito uno particolare: il ventunenne MC Hasiz, rapper marocchino-egiziano del Giambellino». Le sonorità dell'Orchestra di Via Padova vanno dalle ballate balcaniche e dell'Est europeo alle cadenze ritmiche delle confraternite Gnawa del Marocco e dell'Africa subsahariana. «L'Orchesrta è un work in progress prosegue Marcer L'idea è proprio quella di costruire un porto aperto: non è sempre facile far convivere etnie e religioni differenti, ma la musica alla fine vince sempre. Il sound dell'Orchestra è rimasto coerente e riconoscibile negli anni, ma nella forma gli influssi cambiano man mano che altri musicisti giungono a collaborare». Alcune difficoltà vengono invece dalla burocrazia più che dall'etnia, spiega Massimo Marcer: «Siamo un'orchestra privata, viviamo solo dei nostri concerti, non vorremmo sovvenzioni pubbliche, perlomeno però qualche agevolazione. In quest'ultimo anno per le prove musicali siamo stati ospitati un giorno alla settimana dalla scuola di zona in via Pontano. Il Comune, che abbiamo interpellato sia ai tempi di Pisapia sia ora con Sala, ci ha sempre rimbalzato.

Aspireremmo a una sede per poter provare, pagandola con qualche agevolazione, tenendo conto che i nostri concerti svolgono un ruolo sociale».

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