Cronaca locale

Palazzina esplosa in via Brioschi, cento le parti offese

Ci sono molte vittime, nella tragica vicenda dell'esplosione che il 12 giugno distrusse il palazzo di via Brioschi 65. In primo luogo i morti: Micaela Masella, moglie del colpevole Giuseppe Pellicanò, e i due vicini di casa Chiara Magnamassa e Riccardo Maglianesi. Poi le due ragazzine, le figlie di Micaela Masella e di Pellicanò, rimaste ferite. E poi un lungo elenco di uomini e donne che dal gesto spietato di Pellicanò hanno ricevuto danni materiali. Poco, in confronto alla tragedia delle tre vite distrutte e delle bambine ferite. Ma sufficiente a dare loro il diritto di essere presenti in aula, nel processo che attende Pellicanò: a partire dal prossimo 10 maggio, quando l'imputato dovrà apparire all'udienza preliminare.

In quella occasione, chiederanno di costituirsi parte civile contro di lui oltre cento vicini di casa e abitanti della zona, presentando una lunga lista di danni causati dall'esplosione del gas con cui l'uomo aveva saturato il proprio appartamento: finestre divelte, muri lesionati, automobili distrutte. Un elenco la cui lettura racconta bene le conseguenze disastrose del folle gesto di Pellicanò. Al termine delle indagini, il pm Elio Ramondini ha formulato nei confronti di Pellicanò l'accusa di devastazione oltre al reato di strage.

Ora gli occhi sono puntati sulle scelte dell'imputato e del suo difensore, Giorgio Perroni. Affrontare il processo, o chiedere il rito abbreviato con l'obiettivo di limitare i danni? L'uomo ha ammesso di avere svitato i tubi del gas ma ha diluito i suoi ricordi e le sue ammissioni nella nebbia che secondo lui lo circondava in quel periodo, depresso per la separazione imminente e rintronato dagli psicofarmaci. La consulenza psichiatrica disposta durante le indagini ha stabilito che esisteva un vizio parziale di mente per cui la capacità di intendere e di volere dell'uomo era «gravemente scemata». La perizia dovrebbe bastare a evitare a Pellicanò l'ergastolo, e la scelta del rito abbreviato ridurrebbe ulteriormente la pena: anche se il giudice potrebbe aggiungere, a pena espiata, il ricovero in un Rems, le comunità protette che hanno sostituito i manicomi giudiziari.

LF

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