Cronaca locale

La parabola del Leonka dalle molotov al Papa

Prima la protesta politica, le manifestazioni, la violenza in piazza. Ora i contratti d'affitto con il Comune e l'incontro in Vaticano

La parabola del Leonka dalle molotov al Papa

«Tierra, techo y trabajo». Il prossimo murales firmato Leoncavallo potrebbe avere lo slogan che ieri gli ex «duri e puri» del centro sociale milanese si sono sentiti rivolgere da un anziano signore vestito di bianco. Terra, casa, lavoro. Il vecchietto parla in spagnolo perché è argentino, si chiama Bergoglio, e di mestiere fa il Papa col nome di Francesco. Un Papa che sta ribaltando usi e pensieri della Chiesa. E che ieri, nella sala delle udienze nell'Aula Vecchia del Sinodo, in Vaticano, non sapeva che davanti a lui si compiva un'altra mutazione: senz'altro meno rilevante, ma altrettanto profonda. Perché inginocchiati davanti al successore di Pietro c'erano in mezzo a mille altri anche gli ex ragazzi del Leoncavallo, fino all'altro ieri icona incontrastata della sinistra radicale a Milano, quelli delle tute bianche, dei sanpietrini, dei celerini presi a bastonate. E ieri lì, metaforicamente genuflessi, davanti a Francesco che predica «tierra, techo y trabajo».

Fa una certa impressione, pensando alla scena nell'aula del Vecchio Sinodo, guardare il sito del Leoncavallo, che proclama ancora ieri «Qui sono e qui resto», cascame in forma di slogan di una stagione di contrapposizioni frontali con l'aborrito mondo delle istituzioni. «Qui sono e qui resto» vuol dire che da via Watteau, la vecchia cartiera di Greco occupata vent'anni fa, il centro sociale non se ne vuole andare ed è pronto a battersi. Ma non c'è bisogno di proclamarlo, perché da lì in realtà nessuno vuole più cacciare via nessuno, e il sindaco Pisapia e gli immobiliaristi Cabassi hanno già stretto l'accordo che renderà gli ex rivoluzionari inquilini in eterno della loro sede, a costo zero o giù di lì. E anche se il 30 settembre un ufficiale giudiziario è tornato a bussare in via Watteau per notificare lo sfratto nessuno si è spaventato, perché è solo la burocrazia dei Cabassi che va avanti a cautelarsi, per l'improbabile caso che il consiglio comunale metta i bastoni di traverso al grande accordo tra la giunta arancione e gli ex barricadieri. L'ufficiale giudiziario tornerà a bussare in via Watteau il 12 novembre, e anche allora è matematicamente certo che non accadrà niente, il «Leonka resterà al suo posto, tra corsi d'inglese e spinelli in libertà, sotto la bandiera di un tran tran piccolo borghese che lo ha trasformato in un circolo Arci, solo un po' più noioso.

Mentre l'ufficiale giudiziario si preparava a bussare di nuovo, i capi del Leoncavallo erano in Vaticano, insieme a una galassia composita e vagamente imperscrutabile che va sotto i nome di «movimenti popolari»: per l'Italia c'erano gli operai di una fabbrica occupata, i banchieri etici di Banca Etica, e quelli di Genuino Clandestino, una versione incazzosa di Slow Food. Tutti affascinati come buona parte del pianeta da Papa Francesco, che va in giro in R4 e fa la coda in mensa. Lui, Bergoglio, ieri ci ha messo del suo per piacere ancora di più, con quello slogan da subcomandante, «Tierra, techo y trabajo», e poi aggiungendo che «se parlo di queste cose qualcuno dice che il Papa è comunista».

Successo assicurato, e poco importa se è lo stesso Bergoglio che appena salito al soglio pontificio venne accusato a capocchia sui social netowrk della sinistra radicale di avere un passato oscuro di amico dei generali golpisti di Buenos Aires; e ancora meno importa se è lo stesso Bergoglio che ogni tanto dice anche cose indigeste alla sinistra, come la tirata contro la lobby gay o sull'aborto «crimine abominevole».

Sono dettagli che il clima e il clichè portano a trascurare o obliterare del tutto: per il Leonka come per (quasi) tutti Papa Francesco è una specie di Josè Mujca in abito talare, un no global finito chissà come ad amministrare lo Ior. Che fosse lui a benedire la mutazione del fu Leoncavallo era inevitabile, «d'altronde - spiega un attento osservatore come Mirko Mazzali, consiglieredi Sel - un'anima cattolica dentro i social forum è presente fin dai tempi del G8 di Genova».

Così in fondo c'è solo da rallegrarsi che i ragazzi di via Watteau abbiano deciso finalmente di inchinarsi davanti a qualcuno che non fosse il loro fornitore in nero di birra, e da sperare che il discorso di Bergoglio lo abbiano ascoltato fino in fondo: anche quando gli ha spiegato che il mondo va cambiato «con coraggio, ma anche con intelligenza; con tenacia, ma senza fanatismo; con passione, ma senza violenza; affrontando i conflitti, senza farsi intrappolare da essi; cercando sempre di risolvere le tensioni per raggiungere un livello superiore di unità, di pace e di giustizia».

Altri Leonka più duri e più puri hanno preso da tempo il posto del vecchio Leoncavallo.

Chissà se prima o poi Francesco illuminerà anche loro.

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