Cronaca locale

Parsons torna a Milano con i suoi ballerini «La danza che parla è un'arte cosmopolita»

Il coreografo Usa ha un sogno: «Qui in città vorrei aprire un'accademia»

Ferruccio Gattuso

C'è un mondo parallelo dove corpi perfetti sembrano levitare senza soluzione di continuità, dove mani affollate generano danza con movenze imprevedibili.

Da più di trent'anni quel mondo si trasferisce da palcoscenico a palcoscenico e, tra questi, quello di Milano ne è diventato uno dei più affezionati. Lo sa bene David Parsons, architetto immaginifico di questo mondo parallelo che, al ritorno in città con il nuovo «Parsons Dance» - in cartellone al Teatro Nazionale da questa sera a domenica (ore 21, sabato ore 15.30 e 21, domenica ore 15.30, ingresso 46-34 euro, info 02.00.64.081) si muove con la sicurezza di un marinaio appena sbarcato in un porto amico: «Vengo con regolarità a Milano, l'ultima con un mio spettacolo due anni fa agli Arcimboldi spiega il coreografo originario di Chicago dunque ho potuto osservare i progressivi cambiamenti di questa metropoli. La cosa che più mi colpisce è l'aumento esponenziale dei turisti. È una vera rinascita della città alla quale, devo dire, mi piacerebbe partecipare: aprendo un'accademia di danza, anche perché ho avuto diversi ballerini italiani nella mia compagnia». Ad esempio, Elena D'Amario, marchigiana di Pesaro, ex concorrente e poi professionista del talent show «Amici» di Maria De Filippi, scelta (diciamo pure «insignita» considerando l'importanza storica del numero) per interpretare «Caught», la coreografia più celebre di David Parsons. Lo show di danza contemporanea firmato dall'artista statunitense è una collezione di novità e di numeri diventati veri e propri classici come «Round My World», «Hand Dance» e, per l'appunto, lo strabiliante «Caught», che negli anni Ottanta il coreografo statunitense creò per se stesso: di estrema difficoltà atletica, su musiche di Robert Fripp, questo assolo richiede una grande potenza fisica poiché il danzatore deve realizzare un consistente numero di balzi illuminato da una luce stroboscopica intermittente nel momento in cui è in volo, risultando all'occhio dello spettatore come perennemente in volo.

Nelle repliche milanesi gli interpreti saranno in alternanza Henry Steele e Zoey Anderson, essendo Elena D'Amario malata. Come di tradizione David Parsons ospita anche corografie di altri creatori, come «Eight Women» commissionata a Trey McIntyre, omaggio musicale alla divina della musica nera Aretha Franklin: trattasi di anteprima mondiale mentre esordio europeo è quello di «Microburst» su musiche di Avirodh Sharma, compositore indiano virtuoso delle percussioni Tabla. «A volte spiega Parsons ti capitano dei blocchi creativi, anzi ti rendi conto che non vuoi nemmeno creare, perché la danza crea stress, non è come scrivere o suonare o dipingere. Interagisci con persone che in un certo senso dipendono da te, ti chiedono di fare qualcosa di nuovo. Questo numero è nato dalla mia volontà di ribaltare il mio stile, è un approccio totalmente nuovo». In tempi di barriere, geografiche e mentali, Parsons Dance è un crocevia di esperienze: «La danza non ha a che fare con il linguaggio parlato conclude Parsons - è cosmopolita per definizione. Io alla danza devo esperienze incredibili: in Sudafrica ho incontrato Nelson Mandela, ho visto Nureyev provare un suo numero nella mia sala prove, ho conosciuto uno straordinario musicista come Alain Toussaint, simbolo del jazz di New Orleans. Se mi parlano di barriere dico che la democrazia è un esperimento quotidiano.

Ora, nel mondo, essa sta subendo un test cruciale».

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