Cronaca locale

Una "Passione" lunga un secolo Gesù va in scena tra dogmi e azzardi

Dal 1913 a oggi il calvario dei titoli che hanno raccontato la vita di Cristo

Una "Passione" lunga un secolo Gesù va in scena tra dogmi e azzardi

«Prendete e mangiatene tutti, questo è il mio corpo offerto in sacrificio per voi». Alla mensa di Gesù hanno pranzato ricchi e peccatori, farisei e pubblicani. Dopo il pentimento. Prima del peccato. Un amaro calice che innaffia il rimorso dei fedeli. L'ultima cena che si ripete a ogni Eucaristia è un rito che la pittura ha impresso negli occhi e il cinema ha consacrato alle immagini in movimento. Leonardo e Buñuel. Un affresco secolare che ha intinto il pennello nella tavolozza di quel cibo, dove la redenzione ha il sapore della morte. Soglia estrema del riscatto. La Settima Arte, figlia di quelle tele e di quei dipinti murari, ha tradotto le sacre rappresentazioni in chiave laica e devota in una multiforme varietà. Andy Warhol sta dunque al Genio vinciano come Jesus Christ Superstar starebbe al Re dei Re di Nicholas Ray, in una continuità in cui il classicismo viene rivisitato, o addirittura letto, con la provocazione che emergeva nel pasoliniano Vangelo secondo Matteo del 1964 in rapporto a L'ultima tentazione di Cristo dello Scorsese fine anni Ottanta.

Il Cristo con la chitarra che Norman Jewison prepara nel '73 si specchia in quello di Zeffirelli del '77 dove la bellezza iconica trova, nella televisione, il medium di diffusione che forse aveva smesso di essere un messaggio, come prediceva il sociologo Marshall McLuhan. Ma tant'è. È sempre un segno dei tempi. Come nel 1913, quando il francese Maurice-André Maître costruì La vita di Nostro Signore Gesù Cristo in 75 quadri, in un'epoca in cui il grande schermo non aveva il dono della parola, così come non l'aveva neppure tre anni più tardi quando Giulio Antamoro offriva il suo Christus. Archeologia cinematografico-religiosa che guardava, con l'occhio di un mezzo di comunicazione nuovo di zecca, le sofferenze di Gesù fino al Golgota. Un'ultima cena muta che lasciava alle coscienze il mistero di un esame senza fine.

Era la tradizione. Il dogma. L'inappellabile. Al quale sembrava già provocazione portare le creature delle sacre scritture su uno schermo per sua natura profano, fatto di forzuti in celluloide e fantascientifiche follie ruspanti. Nel 1927 Il re dei re di Cecil Blount De Mille era il naturale proseguimento de I dieci comandamenti di quattro anni prima. La vita di Gesù vista con gli occhi della Maddalena, peccatrice pentita che segue la luce, è il monito. L'ammonimento. Beati coloro che pur non avendo visto crederanno. Perché «chi crede in me non morrà in eterno». La Settima Arte predica le Scritture ma il germe della trasgressione cova sotto una cenere che esplode improvvisa con Viridiana di Luis Buñuel. Nel 1961 fece scandalo per una parodia dell'ultima cena, dove laidi mendicanti prendevano il posto dei discepoli. Fu l'inizio della rilettura laicista della vicende di Cristo, che neppure John Huston con La Bibbia riuscì ad arrestare. Erano passati sei anni dal sasso nello stagno gettato dal regista spagnolo e altrettanti ne sarebbero trascorsi per vedere un Cristo in versione rock che, all'inizio degli anni Settanta, le cantava a tutti. Il figlio di Dio diventava quello che la gente voleva che diventasse. A la page come un figlio dei fiori, al quale i capelli lunghi e le movenze davano una prospettiva futuribile. L'ultima cena diventa una sorta di pic nic sui prati sotto un'ombroso ulivo che faceva tanto Getsemani. Dal cinema al teatro il passo fu breve e Jesus Christ Superstar arrivò nella versione musical di Andrew Lloyd Webber. Piovvero polemiche. Ted Neeley disse che Paolo VI fu entusiasta del film, L'Osservatore romano smentì categoricamente. Però l'«Osanna» di Jewison in chiesa sarebbe entrato davvero. E le musiche finirono in testa alle classifiche di quegli anni.

Ogni contestazione ha il ritmo del tempo in cui nasce e gli anni Ottanta furono quelli della rivisitazione con L'ultima tentazione in cui Scorsese non solo si domandava se la Maddalena fosse stata sentimentalmente legata a Gesù ma arrivò addirittura a farlo sposare due volte. Con lei e con Marta, la sorella di Lazzaro. Un Cristo al passo con i matrimoni fatti e disfatti. Divorzi e nuove coppie. Forse civili o piuttosto incivili. Fu un sogno ma sembrò blasfemia. A Venezia ci fu chi chiese l'intervento della censura che lasciò le urla nel deserto. Pneumatico rimbombo del nulla. L'opera non circolò ma nessuno la proibì. Attrazioni contrarie di fine secolo. Con il nuovo millennio Gesù ricominciò a soffrire. La passione di Cristo di Mel Gibson restituiva vigore ai Vangeli, accentuando il sangue versato. Eterna sofferenza della carne e dello spirito. «Prendete e bevetene tutti.

È il calice dell'eterna alleanza».

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