Cronaca locale

Il pianista siriano sotto le bombe e gli altri eroi in nome dell'arte

Il pianista siriano sotto le bombe e gli altri eroi in nome dell'arte

La sua storia ha fatto il giro del mondo e non poteva non arrivare prima o poi anche a Milano. Anzi, giovedì prossimo nel capoluogo giunge proprio lui, il protagonista di questa incredibile vicenda: al secolo Aeham Ahmad, 30 anni, il pianista siriano «che ha sfidato le bombe e i terroristi in nome della sua musica», come recitano da giorni le presentazioni del suo libro «Il pianista di Yarmouk» pubblicato dalla casa editrice La Nave di Teseo. Lui ha sfidato la morte per suonare a favore dei suoi vicini, dei bambini, per distrarre loro e gli altri, la gente terrorizzata, dalle atrocità della guerra. L'incontro-dibattito (e concerto) con questo eroico musicista da anni trasferitosi in Germania - che appartiene alla minoranza palestinese in Siria e che ha vissuto in un campo di rifugiati con la sua famiglia - è previsto giovedì prossimo alla Civica Scuola di Musica «Claudio Abbado» diretta da Andrea Melis. Un'occasione per vederlo da vicino, sentire la sua testimonianza, magari sentirlo suonare. Emozionante.

Posto che questo pianista tra i musicisti è forse la figura più emblematica e nota dell'immane tragedia della guerra nel Medio Oriente, in questi anni dalla Siria (o da altri Paesi del mondo) sono arrivate numerose storie di artisti dei più diversi generi in prima linea. Per esempio l'autore di «Syrian Metal is War», il documentario ideato dal giovane studente e videomaker siriano Monzer Darwish, che con questo lavoro ha voluto illustrare la sopravvivenza di una vera e propria comunità riunita sotto un genere musicale da sempre osteggiato nel paese: quella metal. E ancora tornando alla classica, le testimonianze raccolte tra i musicisti in quelle terre martoriate fa capire molte cose: «Nel 2015 la città era sotto il fuoco costante. Il giorno del concerto, dicono i giornali, che ne fossero caduti centocinquanta. E in teatro c'era il pubblico ad aspettarci». E ancora: la storia dei Knebez Dawle rifugiati a Beirut, poi in Europa a portare le loro canzoni. Insomma musica al fronte, su tutti i fronti, come voglia di vivere, andare avanti.

Musica per una speranza.

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