Cronaca locale

Il piano: 23 miliardi in più E meno tasse ai lombardi

La Lombardia ora «regala» 50 miliardi al Paese La Regione vuole tenerne la metà, ecco cosa farà

Alberto Giannoni

Ridurre i trasferimenti dalla Lombardia allo Stato centrale, trattenere più soldi, spenderli meglio (come sempre) riducendo le tasse e aumentando gli investimenti. È il piano perfetto del Pirellone e la data per metterlo in atto è il 22 ottobre, la domenica del referendum consultivo che chiamerà i lombardi a esprimersi sull'autonomia.

Il governatore, Roberto Maroni, ha appena firmato il decreto che convoca le urne, dalle 7 alle 23, nello stesso giorno in cui anche il Veneto farà lo stesso passo, sottolineato con grande enfasi dall'altro governatore leghista, Luca Zaia: «Per il Veneto - ha spiegato - questa data ha un'importanza del tutto particolare, è una data simbolo». Si andrà alle urne esattamente 151 anni dopo quel 21 e 22 ottobre 1866 in cui venne ufficialmente convocato il plebiscito per sancire l'annessione al Regno d'Italia di Venezia e delle province venete. «Noi - ha detto Zaia - speriamo che il nostro referendum si trasformi nella risposta corale dei veneti a quel plebiscito». Il Lombardo-Veneto non se ne va dall'Italia, ma l'idea è quella di ottenere autonomia speciale, ovvero in sostanza, il diritto di gestire qui le risorse prodotte, nei territori che le producono.

La formula chiave da cui tutto parte è il residuo fiscale, croce e delizia dei lombardi. Il residuo fiscale è la differenza tra quanto un territorio versa all'operatore pubblico sotto forma di imposte e quanto da esso riceve sotto forma di servizi. Le Regioni a statuto ordinario del Nord, con l'eccezione della Liguria, hanno residui fiscali positivi. La Lombardia è la regione con il più elevato residuo fiscale pro capite. Le Regioni a statuto speciale e il Sud Italia fanno registrare invece residui fiscali negativi. Secondo l'assessore al Bilancio Massimo Garavaglia, l'uomo dei numeri nella giunta Maroni, lo Stato per i lombardi spende circa 2.300 euro pro capite. La media nazionale è 3.600 euro. Uno studio promosso dall'Ufficio di presidenza del Consiglio regionale nell'ambito del Piano ricerche, nel triennio 2009-2011 quantificava in Lombardia un residuo fiscale record pari a 47.773 milioni di euro, seguito dal dato dell'Emilia Romagna e appunto del Veneto. Bene, il Pirellone oggi, punta a trattenere la metà del residuo fiscale, quindi circa 23 miliardi. Ma anche un «trattamento» analogo a quello dei cittadini emiliani consentirebbe oggi di avere 16 miliardi in più, e quindi più ampi margini per ridurre le tasse e incrementare gli investimenti produttivi. L'effetto collaterale sarebbe ovviamente un buco nel già disastrato bilancio statale. Ma per il governo lombardo, in realtà, delegando maggiori poteri alla Lombardia, che ha dimostrato di saperli usare bene, «Roma» alla fine ci guadagnerebbe. E inoltre una riduzione del carico fiscale con un aumento degli investimenti innescherebbe un impatto positivo sull'economia e sull'occupazione, un impatto destinato a propagare i suoi effetti benefici a tutti i livelli, comprese le finanze statali.

Ecco perché sarebbe «un affare».

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