Cronaca locale

Pietro, il santo inquisitore che convertì i suoi assassini

Il suo santuario di Seveso proposto come Porta Santa per i pellegrini durante l'anno della Misericordia

Misericordia e Inquisizione, assassinio e conversione. Sembrano parole lontane, lo sono, eppure si mescolano nello stesso luogo e nello stesso uomo. Segnano la profondità di una parola, misericordia, che tutto è fuorché buonismo distruttivo e ingannatore e la complessità della storia, con le sue luci e le sue ombre. Il luogo dove tutto questo si fonde e si confonde è il santuario di san Pietro martire a Seveso, voluto dalla Diocesi come una delle Porte sante del Giubileo indetto da papa Francesco, meta di pellegrinaggio per i fedeli che vorranno celebrarlo. Santo e inquisitore, san Pietro da Verona.

E così la Porta rischia di causare controversie nei rapporti con i cristiani non cattolici, o magari di accendere un dialogo animato da franca parresìa . Nel giugno 1251, Pietro da Verona, frate domenicano, riceve da Papa Innocenzo IV l'incarico di estirpare da Como e Milano «l'eretica pravità», per usare un'espressione dei tempi. E non c'è nemmeno bisogno di dire quanto la parola Inquisizione incuta terrore ancora oggi e pesi come un macigno di colpa nella storia della Chiesa.

È sulla strada tra Como e Milano, a Seveso, che il 6 aprile 1252 Pietro viene ucciso per mano di un sicario, assoldato dai catari che lui tanto combatteva con la predicazione. Qui subito un prodigio: si converte Carino da Balsamo, l'uomo che lo aveva ucciso con una roncola, arma impropria ricavata dalla falce che si usava in agricoltura. San Pietro martire, mentre muore, perdona l'aggressore e inizia a recitare il Credo. Carino il sicario diventa anche lui domenicano come Pietro martire e muore in fama di santità nel 1293. Oggi Carino è beato e le sue reliquie sono conservate nella chiesa di san Martino, a Cinisello Balsamo. Non solo. Il vescovo eretico Daniele da Giussano, forse il principale istigatore dell'attentato, si converte ed entra nell'ordine domenicano.

Ce n'è abbastanza per mettersi in cammino tra questi luoghi della storia. Il corpo di san Pietro martire si trova nella Cappella Portinari della basilica di sant'Eustorgio, in una monumentale arca di marmo intarsiato nel 1336 dal maestro campionese Giovanni di Balduccio. Nella Cappella edificata da Pigello Portinari, ambasciatore dei Medici di Firenze presso gli Sforza, si può ammirare anche un ciclo di affreschi sulla vita del santo. Un particolare che oggi può far rabbrividire: quando Pietro muore gli venne staccata la testa per riporla in un reliquiario. Solo nel 1736, dopo una ricognizione di tutte le reliquie, i resti del suo corpo sono riuniti tutti insieme nella Cappella Portinari, primo capolavoro rinascimentale in una Milano ancora immersa nel mondo gotico.

Pietro martire nel 1818 viene scelto come protettore dei seminaristi, modello per i futuri sacerdoti. «Di fronte ai danni provocati dall'eresia, si dedicò con cura alla formazione cristiana dei laici, facendosi promotore... di società miranti alla difesa dell'ortodossia» si legge in un messaggio del 2002 di Giovanni Paolo II al cardinale Carlo Martini, allora arcivescovo di Milano, in occasione del settecentocinquantesimo anniversario del martirio. La dottrina che Pietro combatte era quella dei catari, manicheismo che oppone lo spirito alla carne, così che i catari rifiutano tutti i beni materiali.

Scontro duro, persino durissimo.

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