Cronaca locale

Pisapia fa il decisionista per nascondere il vuoto

Il primo cittadino insofferente se la prende con «ricorsite» e opposizione Se l'avessero fatto i predecessori li avrebbero accusati di autoritarismo

Pisapia fa il decisionista per nascondere il vuoto

di Carlo Maria Lomartire

Ed ecco a voi Giuliano Piaspia in versione decisionista. Ultima improbabile configurazione del sindaco che, vedendo avvicinarsi pericolosamente la scadenza del mandato e accorgendosi di non aver combinato un granché, cerca di guadagnare tempo cambiando i regolamenti del Consiglio, legando le mani e tagliando la lingua alle opposizioni, criticando la burocrazia lazzarona e i sindacati che la difendono sempre e comunque, la giustizia amministrativa paralizzante e perfino quella che ha chiamato la «ricorsite». Trascura un dettaglio, Pisapia: e cioè che per prendere più in fretta delle decisioni bisogna avere qualcosa su cui decidere. Delle idee, dei programmi, dei progetti. Insomma una visione della città e del suo destino. Proprio tutto quello che è mancato alla giunta arancione e che certamente non si riuscirà a concretizzare nella ventina di mesi che mancano alle prossime elezioni, per non parlare della imminente città metropolitana che richiede un'orizzonte programmatico ancora più ampio e meno provinciale. Ma provate a immaginare cosa sarebbe successo se i predecessori di centrodestra avessero tentato di ridimensionare il ruolo e i poteri dell'opposizione, se Gabriele Albertini o Letizia Moratti avessero criticato il Tar, la burocrazia e il sindacato. Basilio Rizzo, che oggi presiede il Consiglio, avrebbe parlato per ore scagliando frecce infuocate contro i banchi della giunta; i consiglieri dell'opposizione di allora si sarebbero incatenati ai banchi mentre militanti di sinistra, sindacalisti, centri sociali e comitati vari avrebbero stazionato in piazza Scala minacciando di occupare Palazzo Marino al grido di «libertà», «democrazia» e, naturalmente, «fascisti». Giacché, è noto, per chi ha la maggioranza l'accusa più infamante è di voler ridurre gli spazi di manovra dell'opposizione e ridimensionare i vari contropoteri, giudiziari, burocratici e sindacali. Per la sinistra, anche per le diverse componenti del minestrone arancione che ha eletto Pisapia, avere la possibilità concreta di prendere delle decisioni e quindi di governare è sempre stato sinonimo di autoritarismo se non di fascismo. Sempre tranne quando, come in questo caso, al potere ci sono loro. Il perché è ovvio: essi sono il bene e devono poter fare il bene, gli altri sono il male e bisogna impedire loro di farlo.

Francamente ridicolo è poi il lamento di Pisapia contro la «ricorsite», l'eccesso di ricorsi e controricorsi in varie sedi e ad opera di diversi soggetti, che tende a ritardare e spesso bloccare qualsiasi decisione, considerando l'uso spropositato che tante componenti della maggioranza ne hanno fatto in passato. Una recriminazione che non tiene conto che la «ricorsite» è spesso figlia della «comitatite». Cioè della proliferazione e indefessa attività di decine di comitati, sorti ovunque come funghi, contro tutto e tutti: box, vie d'acqua, movida selvaggia, abbattimento di un albero ammalato, contro certe pedonalizzazioni ma non tutte, per le piste ciclabili ma non sempre. Tutti comitati che andavano assolutamente ascoltati e magari anche accontentati quando a governare Milano era il centrodestra. Ma ora che a Palazzo Marino c'è la sinistra, quelle fastidiose congreghe producono solo la deleteria «ricorsite».

Forse, a pensarci bene, a un centrodestra molto più spregiudicato e cinico di quello che ora siede sui banchi dell'opposizione converrebbe non contrastare il neo-decisionismo di Pisapia, giacché potrebbe tornare utile quando all'opposizione sarà la sinistra e a governare Milano tornerà il centrodestra.

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