Cronaca locale

Pisapia-partiti, vertice di crisi Il Pd: «Ora comandiamo noi»

Incontro a Palazzo Marino dopo le polemiche nella maggioranza I Democratici avvertono gli alleati: «Un anno per verificare l'unità»

Pisapia-partiti, vertice di crisi Il Pd: «Ora comandiamo noi»

«Il Pd guida di una coalizione di tutto il centrosinistra». È la dura legge dei numeri. E il Pd ora ha deciso di farla valere. Ovviamente con gli alleati. Dopo due giorni di tensione dentro la sinistra ieri è arrivato un vertice in Comune fra il sindaco, Giuliano Pisapia, e i vertici della maggioranza. Un «chiarimento» come si dice in questi casi. Con Rifondazione Comunista, Sel e ovviamente il Pd, arrivato a Palazzo Marino sulla scia dell'altolà che il segretario Pietro Bussolati ha indirizzato al sindaco, «reo» di essersi avventurato in un'analisi sulle correnti Pd nel corso di un incontro con Nichi Vendola e gli altri «aspiranti Tsipras» italiani. I Democratici, è chiaro, non hanno gradito l'intromissione, ma hanno anche inteso che il vero bersaglio del sindaco non era tanto Matteo Renzi (con cui l'idillio non c'è mai stato) ma semmai proprio Vendola, che coltiva progetti di alchimie, scissioni e fusioni che a Pisapia non piacciono affatto, essendo il suo sogno un partitone, più di sinistra, ma con tutti dentro. Bisticcio archiviato, dunque, almeno per ora. «Una frase pasticciata» ha detto Bussolati parlando col «Giornale». Resta ancora da sciogliere il nodo della candidatura di Pisapia, ma l'impressione è che non sarà cosa breve. Il sindaco in cuor suo ha già deciso ma non lo comunicherà a breve, forse non prima di Expo. Ma il caso Pisapia non è tutto. Ciò che davvero al Pd non va giù è il continuo attacco dal fronte sinistro, che arriva non tanto da Sel, con cui è stata ormai trovata - almeno a Milano - una mediazione abbastanza collaudata, ma dalla «Sinistra per Pisapia», che non perde l'occasione per porre distinguo, condizioni e magari anche veti, con l'unico obiettivo di imbarazzare gli alleati. Caso emblematico è l'evento anti-Expo organizzato nel giorno della visita milanese di Matteo Renzi. Ed è chiaro che un partito che alle Europee ha ottenuto dieci volte i voti degli alleati oggi non è disposto a sottostare alle bizze dei «cespugli rossi». Il Pd ribadisce ufficialmente che è «in prima linea per affermarsi ancora, a Milano e nel Paese, come forza di governo». E avverte: «L'anno che ci separa dalla conclusione del primo mandato del sindaco Pisapia sarà anche il periodo nel quale potremo verificare la volontà di stare uniti e a partecipare attivamente ai progetti che riteniamo strategici per Milano». Dunque, fine della ricreazione.

Riusciranno a mettere in riga i compagni riottosi? Il problema è quello, da una ventina d'anni. Il centrodestra intanto si frega le mani: «Dietro lo scontro tra Pisapia - nuova bandiera della sinistra radicale - e il Pd, in realtà c'è una profonda insoddisfazione per gli scarsi o nulli risultati ottenuti nella città» attacca Mariastella Gelmini coordinatrice di Forza Italia.

E il clima nella attuale opposizione volge al bello, se è vero che anche l'Ncd, col coordinatore comunale Niccolò Mardegan, si dice pronta a «lavorare e dialogare con tutti quelli che vogliono mandare a casa Pisapia» e anche con «la Lega di governo ben rappresentata in Regione dal presidente Maroni».

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