Cronaca locale

Pochi biglietti, il Mudec non riesce a decollare

Barbie e Gauguin sotto le attese, permanente flop. L'incognita della causa con l'archistar Chipperfield

Chiara CampoHa disertato l'inaugurazione del museo lo scorso primo novembre e vietato al Comune di citare il suo nome sui cataloghi e durante le conferenze stampa. Ai primi di marzo, si saprà finalmente se David Chipperfield metterà la firma sul Mudec o passerà alle vie legali per disconoscere lo spazio espositivo di via Tortona e ottenere il risarcimento al danno di immagine. La lite tra l'archistar e la giunta Pisapia risale quasi a un anno fa, quando il Comune decise di anticipare l'apertura del Museo delle Culture con due mostre temporanee per attirare i visitatori durante i mesi di Expo. Con risultati peraltro deludenti: «Mondi a Milano» dal 27 marzo al 17 luglio attirò appena 4.255 persone, con «Africa, la terra degli spiriti» (fino a fine agosto) si arrivo a poco più di 55mila, 400 al giorno. Chipperfield contestò la realizzazione dei pavimenti («uno scempio») e si rivolse ai legali. Il Comune tirò dritto. Tra la pre-apertura e l'inaugurazione ufficiale del primo novembre (l'architetto declinò l'invito) è scattato su invito del giudice un tentativo di conciliazione. «Abbiamo eseguito interventi migliorativi, seguendo le indicazioni di Chipperfield, pensiamo che ci siano tutti i presupposti per evitare le vie legali» ha spiegato ieri in Commissione Cultura la direttrice del Mudec Anna Maria Maggiore. Ai primi di marzo è fissato il sopralluogo congiunto. Ottimista anche l'assessore alla Cultura Filippo Del Corno che ribadisce: «É una costruzione bellissima, ci perderebbe l'architetto a non riconoscerla». E si guarda bene dal citare il nome (c'è la diffida).Se la polemica sui pavimenti sembra arrivata (comunque vada) a una fine, resta ancora in sospeso invece il decollo del Mudec. L'assessore ha riferito ai consiglieri il bilancio dei primi tre mesi di apertura a pieno regime, con due esposizioni teoricamente di grande impatto e precedute da una massiccia campagna di comunicazione. La mostra «pop» dedicata a «Barbie, the Icon» ha totalizzato da novembre al 31 gennaio 75.750 ingressi, una media di 841 al giorno. L'abbinamento tra la bambola più famosa al mondo e il Museo delle culture aveva fatto storcere il naso a molti - qualcuno ha paragonato la mostra a un cinepattone - ma non ha neanche sbancato al «botteghino». Meglio è andata a «Gauguin. Racconti dal paradiso» con 124.236 visitatori (circa 1.380 al giorno). Anche se non fa il botto. Qualche confronto recente: «Rubens» a Palazzo Reale ha attirato 113.529 visitatori in 40 giorni, «Hayez» alle Galleria d'Italia oltre 180mila dal 10 novembre al 21 febbraio. E il cuore del Mudec dovrebbe essere la collezione permanente, costituita da circa 8mila pezzi tra opere d'arte, tessuti, strumenti musicali e oggetti provenienti dalle raccolte etnografiche del Comune. Se per Berbie e Gauguin sono stati acquistati complessivamente 200.500 biglietti nei 90 giorni, alla collezione permanente che è gratuita fino al prossimo 31 agosto, sono entrati in 40mila. Solo uno su cinque insomma ha approfittato della gratuità per allungare la visita alle collezioni intorno a cui il Mudec è nato. Salgono a 264mila invece le persone che hanno frequentato gli spazi se si aggiungono al conto ad esempio le feste di compleanno (mille), gli eventi aziendali con visita alle mostre (9.900), appuntamenti all'auditorium (4.400) e simili.

Le prossime mostre in calendario: dal 25 marzo all'11 settembre tocca a «Joan Miró, la forza della materia», dal 5 ottobre al 19 Febbraio 2017 sarà la volta di «Jean-Michel Basquiat» e nel 2018 «Frida Kahlo».

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