Cronaca locale

«Politici, basta insulti e slogan E l'Europa vuole stare unita»

Nel discorso alla città Delpini richiama le istituzioni E pure i milanesi: «Più pazienza agli sportelli pubblici»

«Dominare l'impazienza e le reazioni agli sportelli pubblici». Troppi «slogan, insulti e insinuazioni» in politica e nelle campagne elettorali. Alleggerire la burocrazia («forse che la patria del diritto, come si può definire l'Italia, sia diventata un condominio di azzeccagarbugli litigiosi?»). Diffondere l'educazione civica nelle scuole e l'invito ad aprire «ogni consiglio comunale leggendo qualche articolo della prima parte della Costituzione». Sono alcuni passaggi del «Discorso alla città» con cui l'Arcivescovo Mario Delpini ieri nella Basilica di Sant'Ambrogio alla vigilia della festa del patrono ha dato una scossa a enti e milanesi. «Autorizzati a pensare» è il filo conduttore tratto dalla Lettera di Giacomo. Il primo invito è ad «essere persone ragionevoli» anche se «pressati dall'emotività e dalla suscettibilità». Cita il caso-tipo dell'attesa agli sportelli pubblici. «Chi presta un servizio pubblico alla comunità viene messo alla prova continuamente dalle persone che aspettano, chiedono, hanno fretta, vivono le loro legittime aspettative con atteggiamenti di pretesa arrogante, come se si fosse soli al mondo. É il sintomo di una sensibilità che si è ammalata di suscettibilità, di un pregiudiziale atteggiamento di discredito verso le istituzioni». Delpini passa a un richiamo ai politici, al «linguaggio che tende a degenerare in espressioni aggressive, le proposte si esprimono con slogan riduttivi piuttosto che con elaborazioni persuasive. Il consenso costruito con eccessiva stimolazione dell'emotività dove si ingigantiscano paure, pregiudizi, ingenuità, reazioni passionali, non giova al bene dei cittadini e non favorisca la partecipazione democratica». La partecipazione «cresce se si condividono informazioni obiettive e non solo titoli a effetto, confronti su dati e programmi e non solo insulti e insinuazioni». E alla politica chiede di «avviare percorsi di semplificazione». «La complicazione delle pratiche burocratiche, delle procedure di verifica e rendicontazione pervade molti aspetti della vita dei cittadini. Si ha talora l'impressione che l'impianto complessivo sia ispirato da una sorta di pregiudiziale sospetto sul cittadino, come fosse scontato che la gente sia naturalmente disonesta e incline a contravvenire alle regole. Ne deriva una specie di ossessione per la documentazione e i controlli: le pratiche si gonfiano in modo spropositato, i tempi per le autorizzazioni si prolungano in maniera esasperante». Un «intralcio» all'intraprendenza di imprenditori e operatori sociali.

Nella seconda parte del Discorso Delpini affronta temi di forte attualità. Ricorda le «intenzioni originarie dell'Unione Europea, i cittadini erano e sono persuasi che siano da preferire l'unione alla divisione, la collaborazione alla concorrenza. In questo contesto di un cantiere europeo al quale rimettere mano, il nostro Paese adotta come punto di riferimento fondamentale per la convivenza dei cittadini e la visione dei rapporti internazionali la Costituzione della Repubblica Italiana. La Carta, in quella prima parte dove formula princìpi e valori fondamentali, non può essere ridotta a un documento da commemorare, ma deve continuare a svolgere il compito di riconoscere e garantire i diritti inviolabili dell'uomo (art. 2). Il testo ci ricorda innanzitutto un metodo di lavoro che vale anche per noi: le differenze si siedono allo stesso tavolo per costruire insieme il proprio futuro». Ancora: invita a «riconoscere le priorità», evitando di cercare «un capro espiatorio: talora il fenomeno e la presenza dei profughi invade discorsi e fatti di cronaca fino a dare l'impressione che siano l'unico problema urgente». E si tralascia la crisi demografica, la povertà di prospettive per i giovani che «induce molti a penose dipendenze», le difficoltà occupazionali, la solitudine degli anziani. Insiste sull'educazione civica nelle scuole e l'invito a leggere la Costituzione in Consiglio. «Non è una brutta idea, ne parlerò coi consiglieri» dice il sindaco che apprezza il passaggio su Milano «culla di un nuovo pensiero sociale».

ChiCa

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