Cronaca locale

Porta Vittoria, area fantasma che fa paura agli imprenditori

Deserta l'asta per acquistare il progetto incompiuto Topi e sterpaglie tra l'albergo e i 150 appartamenti

Porta Vittoria, area fantasma che fa paura agli imprenditori

L'ora segnata nel bando di gara, le 13 di martedì scorso, era scoccata senza che nemmeno l'ombra di un offerta si materializzasse nello studio dei curatori fallimentari. Così ieri, davanti al giudice Amina Simonetti, l'asta per Porta Vittoria si è tenuta conoscendo già dall'inizio il malinconico esito: asta deserta, nessuna offerta. Un guaio per i creditori invischiati nel crac dell'impero di Danilo Coppola. Ma un guaio anche per Milano, che si ritrova con la sua maggiore area edificabile ancora senza padrone e senza un futuro preciso, esposta al degrado, una taiga popolata di vandalismi, topi e sbandati. E col sogno di un parco e di un centro sportivo destinato a rimanere tale chissà per quanto tempo.

Centocinquantadue milioni di euro: questo era il prezzo che sarebbe bastato per portarsi a casa il grande albergo quasi finito, affacciato su via Cena, e i centocinquanta appartamenti anch'essi pressoché ultimati, i negozi, gli uffici, insomma tutto quello che Coppola era riuscito a realizzare prima che, nel settembre di un anno fa, venisse schiantato dai debiti. Ma all'asta non si è presentato nessuno, l'unico incasso è stato il milione e 800mila euro per cinquanta posti auto già pronti in una autorimessa interrata. Magra consolazione.

A rendere cauti i potenziali acquirenti potrebbe avere contribuito il contenzioso aperto con una discoteca lì accanto, il Black Hole di viale Umbria, che contesta l'altezza dei palazzi già costruiti e si è vista dare in parte ragione da un giudice; adesso si attende l'appello. Ma è anche possibile che un effetto dissuasivo possa averlo avuto la lunga serie di impegni che Coppola aveva preso con il Comune, e che verranno ereditati dai futuri acquirenti. Nei mesi scorsi i curatori fallimentari hanno avviato una trattativa intensa e faticosa con Palazzo Marino, perché sia il Piano di intervento che le licenze edilizie erano scadute e andavano rinnovate: in quella sede si è rinnovato l'accordo complessivo sul futuro dell'area. Ed chi comprerà Porta Vittoria dovrà attenersi a questo accordo.

La nuova intesa prevede che i nuovi padroni entrino in possesso dei palazzi poco per volta, man mano che avranno adempiuto agli obblighi previsti: prima il pagamento delle fideiussioni, poi la bonifica delle aree, poi la costruzione del Parco Temporaneo, la struttura che provvisoriamente (ma è un provvisorio molto definitivo) prenderà il posto della Beic, la Biblioteca europea prevista nel progetto iniziale; e poi ancora il centro sportivo al servizio del quartiere, su cui i curatori fallimentari hanno chiesto inutilmente al Comune un ripensamento. Parallelamente al rispetto di questi impegni, il Comune darebbe l'abitabilità all'albergo e alle abitazioni.

Questo percorso, oggettivamente un po' rigido, può avere scoraggiato gli investitori? Il problema è che il Comune non sembra intenzionato a addolcire la pillola rinunciando a parte dei lavori. E quindi l'unica strada per attrarre gli acquirenti potrebbe essere un ribasso sul prezzo d'acquisto, che peraltro gli esperti considerano già oggi del tutto conveniente. Situazione senza via d'uscita, dunque, almeno per ora.

Intanto la gigantesca ferita a ridosso del centro rimane aperta, con i suoi 142mila metri quadri di cemento e sterpi. E rimane aperta la domanda: come mai quest'area sterminata è passata negli anni di mano in mano, fino al crac, senza che un solo imprenditore milanese dicesse: ghe pensi mi?

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