Cronaca locale

A processo il primario. "Non fui io a rompere il femore alla paziente"

L'ortopedico Norberto Confalonieri, rinviato a giudizio, si difende davanti al gup: "La frattura che mi viene contestata si verificò mesi dopo l'operazione". Assolti due dei coimputati

A processo il primario. "Non fui io a rompere il femore alla paziente"

Sarà processato - prima udienza il 6 giugno - l'ortopedico Norberto Confalonieri, ex primario del Pini-Cto. Lo ha deciso ieri il gup Laura Marchiondelli, che ha accolto la richiesta di rinvio a giudizio del pm Eugenio Fusco. Il medico, considerato un pioniere della chirurgia robot assistita, è accusato di corruzione per aver favorito l'acquisto di protesi di aziende amiche in cambio di mazzette. E di tre casi di lesioni (due colpose e una dolosa) su altrettanti pazienti finiti nella sua sala operatoria.

Il gup nell'udienza di ieri ha assolto «perché il fatto non sussiste» due dipendenti della multinazionale B.Braun che avevano scelto il rito abbreviato. Si tratta di Sabrina Consonni e Fabio Barzaghi, coimputati del primario sempre per corruzione. Rinviati a giudizio invece una manager e una agente di commercio della Johnson&Johnson, Stefania Feroleto e Natalia Barberis. Negli atti dell'inchiesta erano finite tra l'altro alcune intercettazioni che secondo l'accusa inchiodano l'ex primario. Tra esse, quella in cui diceva di aver «rotto un femore» a una paziente di 91 anni «per allenarsi». Intenzionalmente quindi, per la Procura. Un «modus operandi», si leggeva nell'ordinanza che nel marzo 2017 aveva disposto l'arresto del medico, che «sembra porsi in netto contrasto con i principi di etica medica».

Ieri Confalonieri ha reso dichiarazioni spontanee davanti al giudice, rispondendo all'accusa più grave, quella di lesione dolosa sull'anziana. Dopo che nell'interrogatorio di garanzia si era avvalso della facoltà di non rispondere. «Perché non mi ricordavo il caso», dice oggi. La novantenne finì al Cto per essere operata dopo una frattura al collo del femore nel marzo del 2016. L'ulteriore frattura, dichiara il medico, «che mi fu contestata, cioè una frattura di una parte del femore prossimale, non del femore in toto, si verificò a distanza di quattro mesi dall'intervento». Quando la signora era ricoverata al Pio Albergo Trivulzio.

«Solo dopo nostre reiterate istanze - continua Confalonieri - siamo venuti in possesso delle radiografie della signora»: quella post operatoria e quella fatta poi negli ospedali di riabilitazione. «La radiografia immediatamente post operatoria dimostrano che non c'è una frattura del femore». Una novità che secondo l'imputato mette sotto una nuova luce quella frase intercettata, che lui stesso definisce «infelice, sconveniente e inopportuna». Durante l'intervento, dichiara ancora, la paziente subì invece «una infrazione del collo, già fratturato e debole». Cioè, «una complicanza operatoria minore», «non voluta e guarita in breve tempo». Successivamente, quattro mesi dopo, la seconda frattura, «senz'altro non correlabile con l'intervento» e in una «sede diversa del femore». L'ex primario conclude che la complicanza si sarebbe verificata «con qualsiasi via d'accesso» scelta per operare.

Non sarebbe conseguenza quindi, sempre secondo la difesa, dell'approccio anteriore, quello che per la Procura Confalonieri preferì allo scopo di «allenarsi».

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