Cronaca locale

La procura vuol riesumare la salma di Lidia

Se Stefano Binda non confesserà, gli inquirenti dovranno riesumare la salma di Lidia Macchi, la studentessa uccisa con 29 coltellate vicino a Varese nel lontano 1987. «Spero che ascolti l'appello accorato della famiglia Macchi e soprattutto l'anelito di liberazione della sua coscienza», ha detto ieri il sostituto pg Carmen Manfredda a proposito del presunto assassino (nella foto, l'arresto), che interrogato in carcere è rimasto in silenzio. I familiari della giovane hanno più volte invitato chiunque conosca elementi utili alle indagini a farsi avanti. In questi 29 anni infatti nella cerchia di conoscenze sia della vittima sia di Binda ci sono stati silenzi e reticenze. Il sostituto pg è comunque decisa a tentare ogni strada per raggiungere la verità. Per scongiurare il rimpianto di non aver fatto tutto il possibile. La Procura generale è quindi pronta anche a far riesumare il corpo. Così come richiesto, anche se non con un'istanza formale, dai parenti di Lidia. La speranza è quella di scovare, seppur dopo quasi un trentennio, tracce di Dna utili per un confronto con il campione prelevato martedì al 48enne di Brebbia. Non c'è scelta, visto che il materiale genetico decisivo trovato a suo tempo sul cadavere è stato incredibilmente distrutto. Se l'indagato continuerà a tacere il disseppellimento, sarà doloroso ma inevitabile.

Intanto il difensore di Binda, Sergio Martelli, sta valutando se fare ricorso al Riesame contro la carcerazione. CBas

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