Cronaca locale

Psicoconfessioni al Parenti L'opera dell'Ibsen più nero

Il duo Micheletti-Fracassi debutta con «Rosmersholm», dramma a due voci che vide in scena anche la Duse

Antonio Bozzo

Henrik Ibsen, un grande, che dalle luci gelide della sua Norvegia inventò il teatro moderno, utilizzando nei testi suggestioni che sarebbero presto appartenute alla psicoanalisi. Proprio mentre a Milano il professor Freud è in scena con Fabrizio Gifuni al Piccolo, Luca Micheletti e Federica Fracassi portano al Franco Parenti (dal 23 gennaio all'11 febbraio) uno dei più spettrali lavori del drammaturgo norvegese: Rosmersholm. Il gioco della confessione. Ibsen lo scrisse nel 1886, sette anni dopo la sua opera più conosciuta, Casa di bambola; Micheletti, che cura la regia del dramma (oltre che interpretarlo), prende le mosse dallo storico allestimento di Massimo Castri, del 1980, nel quale la protagonista Rebekka era Piera Degli Esposti. «Ma prima ancora - ricorda Fracassi, la Rebekka al Parenti - il ruolo fu di Eleonora Duse». Sarà anche un'opera poco frequentata, in Italia, ma sempre affidata a numeri uno della scena.

Che cosa succede nella casa dei Rosmer? Succede che l'ex pastore, rimasto vedovo dopo il suicidio della moglie Beate, si innamora ricambiato della giovane e seducente Rebekka West, che però gli confessa di aver spinto Beate ad uccidersi. Il legame tra i due, un amore maledetto nel quale Ibsen sguazza da «costruttore di mitologie, come saranno Kafka e Beckett» (opinione di Micheletti), avrà un finale tragico: si uccidono entrambi, consegnando all'eternità della morte una storia nera, che affascinò Freud e lo scrutatore d'anime Groddeck per i riferimenti all'inconscio e ai turbamenti della società borghese. Rosmersholm, monodramma a due voci, comincia con i protagonisti morti, intenti a ripercorrere la loro storia dannata. La messinscena inaugura il Progetto Ibsen: incontri sull'autore e la cultura norvegese ed europea del tempo e in aprile Peer Gynt, celebre titolo ibseniano che debuttò nel 1876, con musiche di Edvard Grieg. «Federica Fracassi ha partecipato anche al trattamento drammaturgico», dice Micheletti. «Andrée Ruth Shammah è una direttrice artistica che sa fare molto bene il suo prezioso lavoro. Il Parenti è una casa teatrale sapientemente animata». Fracassi, innamorata di Ibsen come Micheletti, l'estate scorsa ha viaggiato nei luoghi di Ibsen in compagnia della fotografa Valentina Tamborra. «Siamo tornate con un reportage culturale. Io fotografata nei posti di Ibsen. Emanano ancora l'energia che ispirò lo scrittore. Le foto, magnifiche, ora si possono vedere nello spazio Nonostante Marras, ma saranno in mostra anche al Parenti».

In questi giorni, Micheletti e Fracassi girano per Milano in abiti di scena. Ripresi in video, li possiamo vedere su Facebook tra passanti sorpresi, in zone affollate, esempio corso Buenos Aires.

Un modo per incuriosire e, magari, convincere qualche milanese in più a godersi in teatro un «horror sotto forma di seduta psicoanalitica», un «duello di anime» scaturito dalla penna visionaria e acutissima di un poeta del profondo Nord d'Europa, popolato di spettri e lampi aurorali portatori di intimi sconvolgimenti.

Commenti