Cronaca locale

Quattro settimane e 42 km per riuscire a pagare le tasse

La mia odissea di cittadina alle prese con la burocrazia Magari lo fanno per evitare allo Stato di restituirci i soldi

«Mi raccomando, per il prossimo anno nella causale non deve esserci riportata la lettera A, altrimenti deve fare, oltre al 730, anche il modello Unico». Questa è stata la frase di congedo di un impiegato del Caaf Cgil (centro autorizzato di assistenza fiscale) di Milano, dopo aver concluso le pratiche per la dichiarazione dei redditi. Quattro settimane, tre giorni, due ore, qualche minuto, cinque visite, 48 chilometri, tre pause pranzi, sei ore di interludio telefonico.

La compilazione del 730 è un vero calvario: prenotazione, stampa della delega, consegna del pre-compilato, appuntamento, consegna dei documenti mancanti, ritiro del documento definitivo. La famosa sburocratizzazione sembra più che altro un modo per evitare che le persone chiedano i crediti maturati dallo Stato.

Quello della dichiarazione dei redditi è diventato ormai un incubo. L'ansia comincia già all'alba di maggio, quando la casella di posta comincia a ricevere mail che ricordano di prendere appuntamento al Caaf, una sorta di testimone di Geova del fisco.

Si inizia con una mail alla settimana, poi un paio, poi ogni giorno. Fino a quando, presa dal panico e dallo sfinimento, non si prenota. Al momento della conferma quest'anno una novità: un'altra mail. «Ti ricordiamo che da quest'anno è attivo il 730 pre-compilato. A questo link lo puoi scaricare richiedendo i codici». I codici? Oppure «puoi stampare la delega». Opto per la delega.

A una settimana dall'appuntamento, decido di occuparmene. Andava però consegnata dieci giorni prima dell'appuntamento. Chiamo e in totale resto in attesa per tre mattine. Alla fine l'amare sentenza: «No, mi spiace, ma deve recarsi al centro prima della dichiarazione». In pausa pranzo percorro i primi sei chilometri che mi separano dal Caaf e consegno il foglio firmato. Comincio anche la check-list: scontrini e spese detraibili, lettera del direttore su interessi del mutuo pagati, carte per la detrazione delle spese di ristrutturazione, rogito, modello Unico 2014.

Il fatidico giorno arriva, sono altri sei chilometri e alle 14.20 di un giovedì di fine giugno ritagliano del tempo prezioso al mio lavoro mi presento. Davanti a me non c'è nessuno, ma attendo comunque venti minuti. Non si capisce perché. Entro, mi siedo e comincia lo sciorinamento di tutta la documentazione. Primo ostacolo: «Ma lei lo scorso anno aveva la parita Iva?». Io: «Sì». L'impiegato: «Ma quando l'ha chiusa?». «Il 30 dicembre 2013». «Lo può dimostrare?». Tiro fuori la carta giusta: prima assoluzione. Si prosegue a ritmo serrato cercando di non affogare nella montagna di carta. «Senta – riprende –, ma il pagamento del F24 ce l'ha?». Io: «Veramente no, ma voi non potete verificare se ho pagato le tasse dello scorso anno?». «No, deve essere lei a dimostrare di aver pagato». Comincia il nervosismo. «Senta, ma il contratto di mutuo con la banca ce l'ha?». «No, ho il rogito e la lettera del direttore con il pagamento degli interessi, a cosa serve il contratto di mutuo se il direttore della banca testimonia con una lettera che un mutuo ce l'ho?». «Mi spiace, ma da quest'anno dobbiamo fare tutti i controlli, quindi deve tornare». «Scusi?».

Rassegnata me ne vado, per tornare la settimana successiva. L'assurdità di tutto ciò è che questi documenti non servono ai fini della compilazione del 730, ma solo a controllare che non ci sia stata evasione. Chi ha la partita Iva è una sorta di indiziato e presunto colpevole, sottoposto ad una sorta di radiografia fiscale.

Qualche giorno dopo mi presento allo sportello, senza appuntamento, con la documentazione mancante. Recuperano la mia pratica, mi strappano i documenti di mano, li infilano nella busta e mi dicono: «La chiamiamo quando è pronta». «Scusi?». Mi altero molto per il fatto che si permettono di compilare una dichiarazione dei redditi in contumacia. Non c'è stato verso: accompagnata alla porta. Altri dodici chilometri, altre due ore perse.

La mattina del venerdì successivo, alle 9 suona il telefono «Buongiorno signora, è il Caaf, le volevamo dire che ci manca il suo Cud dell'anno scorso e anche la certificazione di avvenuto invi». «Scusi? Ma quei documenti li ho sempre avuti con me e voi non me li avete mai chiesti». «Lo so signora. Mi dispiace, ma non possiamo chiudere la pratica, deve tornare».

Altri sei chilometri, altra sala d'attesa vuota. Fornisco il mio nome. Il signore comincia a circolare tra tutte le scrivanie, scartabella, disfa, apre cassetti, armadi. «Signora, non trovo più la sua pratica». Cerco di calmarlo: «Senta, facciamo così tanto non può essere sparita, torno la prossima volta».

Arriva il 10 luglio e finalmente chiamano: la mia pratica è stata conclusa.

A proposito, la causale A, quella della raccomandazione prima del congedo, non si sa che cosa sia. L'importante è che se si riceve un Cud o una ricevuta di prestazione occasionale con la causale A, bisogna rispedirla indietro e chiedere che venga scritto M o N. A cosa corrispondono queste lettere? A domanda il Caaf non risponde.

Lettera firmata

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