Cronaca locale

Quell'appalto su misura per regalare il Leonka

Rischio ricorsi e polemiche politiche per lo scambio di aree che dopo 40 anni deve consegnare via Watteau a chi la occupa

Si può fare un'asta pubblica con un vincitore annunciato, senza finire nel tritacarne dei ricorsi al Tar e degli esposti alla magistratura? Il sindaco Pisapia e i suoi assessori sanno bene che no, non si può. E così il «caso Leoncavallo» va avanti per adesso circondato da un velo sottile di ipocrisia, presentando una soluzione e avendone in mente un'altra, ma senza sapere come tenere insieme l'una e l'altra. Perché un conto è spiegare alla città che il Comune - ovvero la collettività - si priva di due aree in cambio di una; altro paio di maniche è giustificare il fatto che l'area di cui il Comune diventa padrone resterà in mano agli abusivi che l'hanno occupata, che non intendono andarsene, e che il Comune non ha alcuna intenzione di mandare via con la forza.

La delibera che oggi verrà esaminata e approvata dalla commissione Urbanistica di Palazzo Marino ratificherà, in attesa del passaggio definitivo in consiglio comunale, quanto la giunta ha deciso a giugno: il vecchio stabilimento di via Watteau, a Greco, che da decenni ospita il centro sociale più famoso d'Italia diventa area pubblica, e i suoi attuali padroni, i Cabassi, ricevono in cambio due stabili malconci in via Zama e in via Trivulzio, con volumetrie garantite. Un affare per i Cabassi, che si liberano di un vecchio grattacapo. Un affare anche per Milano, ha spiegato fin qua la giunta, che avrà a disposizione uno spazio per la socialità e l'aggregazione.

Tutto bene, questa è la parte facile. Ma il giorno che l'area entrasse davvero a fare parte del demanio comunale, per sindaco e vicesindaco comincerebbero i grattacapi. Perché i vecchi padroni, i Cabassi, erano dei privati, e dei loro beni potevano farci quello che volevano. Il Comune invece è un ente pubblico, e i suoi amministratori non possono disporre delle sue proprietà a loro gusto. Così se si limitassero a lasciare il Leonvacallo al suo posto rischierebbero di esserne chiamati a rispondere dalla magistratura contabile. E non sarebbe neanche legalmente praticabile la strada, che qualcuno pure teorizza, dell'affidamento diretto dell'area agli attuali occupanti in cambio di un affitto, la cosiddetta «regolarizzazione». Non si può. E Basilio Rizzo, presidente del consiglio comunale, non sospettabile di antipatia per il Leoncavallo, ha ricordato alla giunta che l'unica strada praticabile è una gara pubblica, aperta a chiunque vi abbia interesse, per assegnare gli spazi di via Watteau.

Una gara, però, ha lo svantaggio di poter essere vinta da chiunque: almeno se è una gara vera, e il regolamento non viene cucito su misura per uno solo dei partecipanti. Siccome o a Palazzo Marino desidera ricevere un avviso di garanzia per turbativa d'asta, il bando verrà fatto con tutti i crismi.

Gli ex ragazzi del Leoncavallo, i «duri e puri» del passamontagna negli anni Ottanta divenuti oculati affaristi del ballo e dello sballo, sicuramente parteciperanno. Ma se poi a vincere dovesse essere qualcun altro come si comporterebbe la giunta? Farebbe finta di niente, lasciando lì gli autonomi altri vent'anni come hanno fatto i Cabassi? O, come sarebbe suo dovere, chiamerebbe la Celere a sgomberare via Watteau?

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