Cronaca locale

"Con questa foto aiuterò i migranti che meritano"

Avvocato senegalese e ultimo erede di principi diventa anche testimonial per la pubblicità

"Con questa foto aiuterò i migranti che meritano"

La sua foto in toga, con tanto di didascalia «avvocato presso il Foro di Milano, campeggia sulle inserzioni pubblicitarie della Benetton.

Lui è Alioune Ndiaye, 50 anni, nato a Dakar, discendente dagli ultimi principi del «Regno di Djoloff», sposato con un'italiana, padre di una bimba. Lo scatto è di Oliviero Toscani, marchio di fabbrica di quella sinistra buonista e radical chic che va in brodo di giuggiole per le «campagne di integrazione».

«A Toscani mi ha presentato un amico comune - ci spiega l'avvocato Alioune Ndiaye -. L'iniziativa mi ha subito interessato. Io sono senegalese ma vivo in Italia da 15 anni. Qui mi sono realizzato professionalmente e voglio mettere la mia esperienza al servizio dei tanti migranti desiderosi di compiere il mio stesso cammino di crescita».

Non teme di essere strumentalizzato?

«Ho semplicemente aderito a un progetto utile come modello di accoglienza per gli stranieri che giungono in Italia. Ma sostenere il valore dell'integrazione e della convivenza civile non significa essere tolleranti con tutti».

A chi si riferisce?

«A quanti cercano scorciatoie al di fuori della legge».

Purtroppo c'è anche chi scegliere la via della criminalità.

«In Italia devono rimanere solo le persone oneste, con la voglia di lavorare».

Per chi sbaglia ci vuole severità, rimpatri e certezza della pena. Lei, da uomo di diritto, è d'accordo?

«Certo, dobbiamo liberarci delle mele marce. Ma chi viene in Italia con buone intenzioni deve essere aiutato. Soprattutto con dei corsi di lingua».

Lei ha studiato alla Bocconi e anche in Spagna. In tribunale, a Milano, è stimato da tutti.

«Questo mi inorgoglisce. E speso serva da esempio. A chi si impegna, l'Italia offre grandi opportunità».

Perché il nostro Paese sull'emergenza-migranti non riesce a trovare una soluzione efficace?

«Dipende anche da una classe politica e intellettuale che, su questo tema, è come se avesse dato le dimissioni».

Tanta demagogia e pochi fatti. Da dove si dovrebbe cominciare?

«Ad esempio dalla revisione del trattato di Dublino. L'Italia è la porta d'Europa, ma non è giusto che tutti quelli che transitano da qui debbano poi rimanere sul nostro territorio nazionale».

Lei è fortemente coinvolto nel sociale. Il futuro lo vede con ottimismo o pessimismo?

«Provengo da una famiglia che mi ha dato ottimi insegnamenti, e ciò anche grazie all'impegno religioso di mia madre. Ho fede e fiducia nel prossimo. Quindi sono ottimista».

Torna spesso in Senegal?

«Solo per le vacanze estive».

Cosa le piace di Milano?

«La gente. La cucina. Il calcio».

Tifa Milan o Inter?

«Milan. Ma ho grande stima anche per il presidente Moratti».

Il piatto preferito?

«Le lasagne».

Non proprio una specialità milanese...

«Ma a casa cuciniamo anche specialità senegalesi».

Nel dubbio, buon appetito.

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