Cronaca locale

Regione paga i fornitori in solo due settimane, bocciate però le società

Il giudizio della Corte dei Conti è positivo. Nel mirino le partecipate e i fondi europei

Regione paga i fornitori in solo due settimane, bocciate però le società

Gongola, il governatore Attilio Fontana quando ieri i magistrati della Corte dei Conti rendono noto il loro giudizio sul bilancio della Regione Lombardia: ed è una reazione comprensibile, perché in molti passaggi il documento dei magistrati contabili somiglia a un «superspot» - come direbbero i telecronisti del Mondiale di calcio - per i conti lombardi. Ci sono, a dire il vero, diversi «buchi», alcuni sforamenti, e anche passaggi dove la trasparenza difetta. Ma il giudizio complessivo è netto: la relazione del procuratore Salvatore Pilato parla di «molteplici indicatori positivi, sintomatici di effetti gestionali di natura virtuosa, tra i quali annoverare il pieno rispetto dell'equilibrio di bilancio e la consistente liquidità di cassa».

Tra gli indicatori positivi, la Corte dei Conti ne inserisce uno quasi clamoroso: in un paese dove per gli imprenditori fare affari con la pubblica amministrazione comporta attese interminabili per essere pagati, la Regione soddisfa i suoi fornitori commerciali in due settimane. Un record.

«Andremo avanti sulla strada già intrapresa», commenta il presidente Fontana. E si impegna «a rispettare fin da ora le indicazioni e i suggerimenti» provenienti dalla Corte. Più che di suggerimenti, in realtà, si tratta di bacchettate belle e buone, perché andando a setacciare i conti di Palazzo Lombardia i magistrati hanno scoperto, insieme a tante belle cose, anche aspetti oscuri o chiaramente negativi. «Sussistono aree che richiamano urgente attenzione per interventi di miglioramento dei risultati di gestione e di incremento dell'efficienza amministrativa e contabile», si legge nella relazione. La Regione viene accusata di avere continuato a fare ricorso a «contratti di mutuo a coperture di spese di investimento per fare fronte ad esigenze di cassa»: uno strumento «irregolare», per i giudici. Poi c'è la magagna delle società partecipate: «Si registra una difficoltà nella ricostruzione contabile dei rapporti reciproci di credito e debito», una mancanza di trasparenza che riguarderebbe soprattutto le due società, Finlombarda e le Ferrovie Nord, che la Regione non ha inserito nel piano di razionalizzazione. Col risultato che nelle casse delle partecipate restano un sacco di soldi il cui controllo sfugge alla Regione: «Gli enti gestiscono ingenti liquidità che si collocano all'esterno della gestione diretta della Regione Lombardia (...) sono state distolte dalla cassa regionale risorse che si sarebbe potuto mantenere all'interno della medesima». Per non parlare del «buco» nel bilancio di Arexpo, la società che gestisce i terreni di Expo, che non era stato inserito nei fondi di accantonamento previsti dalla legge.

In un quadro di contenimento generale della spesa per il personale, spicca il robusto sforamento del budget per il lavoro flessibile (6,2 milioni, quasi il 50 per cento in più del massimo consentito). E l'ultimo appunto è per l'utilizzo della montagna di soldi (468 milioni) del Fse, i fondi sociali dell'Unione Europea. Sono stati finanziati progetti di ogni genere, ma la verifica sull'andamento dei progetti batte la fiacca: la macroarea messa peggio è, paradossalmente, quella che beneficia gli enti locali. É l'area 4, dove figurano insieme ai corsi per i vigili di Milano e Brescia anche la digitalizzazione del patrimonio culturale lombardo e il database topografico regionale, la grande mappa computerizzata del territorio lombardo.

Ma come stiano venendo spesi questi soldi, stando alla relazione della Corte dei conti, ancora non si sa.

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