Cronaca locale

Ricatto alle nomadi «Pagate in contanti o vi togliamo i figli»

Nelle testimonianze le continue richieste di denaro in cambio dell'impunità

Alla fine della catena c'è il malcapitato turista, derubato e beffato. A predare sono le borseggiatrici sparse in Stazione Centrale. Ma il pesce grosso sono due poliziotti, taglieggiatori delle ladre. IL MODUS OPERANDICosimo Tropeano e Donato Melella - si legge nel capo di imputazione - «costringevano le cittadine di etnia rom facenti parte dell'organizzazione (la banda di borseggiatori, ndr) a consegnare loro somme di denaro in contanti provento dei reati di furto aggravato, mediante minaccia di procedere al loro arresto nonché alla contestuale sottrazione dei figli». Era la prassi, secondo le indagini della Polfer e della Mobile. I fatti contestati sono due, sulla base delle testimonianze delle ragazze nomadi, delle intercettazioni e in un caso delle telecamere di sorveglianza. Nel primo gli agenti si sono fatti consegnare 1.000 euro da due imputate, che avevano appena derubato una turista araba «sotto la diretta osservazione dei due poliziotti». Ma i soldi nel portafogli non sono sufficienti per Tropeano e Melella. Quindi «mentre Hamidovic e Zahirovic erano costrette ad attendere in stazione bloccate e sorvegliate dai due pubblici ufficiali, la Sejdic veniva incaricata da costoro di fare immediato ritorno al campo nomadi», per recuperare i contanti. Solo dopo le ragazze vengono rilasciate, «omettendo tutte le attività» di polizia. IL VIDEONel secondo caso i poliziotti intascano 600 euro. È il 17 aprile 2015 e c'è un video che incastra Tropeano e Melella, in stazione ma fuori servizio. Davanti al negozio Tim due nomadi rubano a una turista sudamericana un portafogli rosa chiaro. I poliziotti fermano le ladre e mentre Melella fa da palo Tropeano si fa dare il portafogli. «La consegna - scrive il giudice Giuseppe Vanore - veniva ripresa dalla videocamera di sorveglianza numero 82». La refurtiva finisce nel casco di uno degli agenti e nessun verbale sarà mai redatto. C'è di più: la vittima corre a cercare le borseggiatrici, ma i due uomini le «proteggono» nascondendole alla vista. «Dissero che ci dovevamo allontanare - dichiara un'indagata -, ci portarono distanti dal negozio per non farci notare».IN QUESTURA Dopo un borseggio a un cittadino turco - siamo al 10 ottobre 2014 - un gruppo di rom si allontana dal treno in partenza per Ventimiglia. Mentre scappano «vengono raggiunte da Cosimo e Donato i quali dopo aver assistito a tutta l'attività delittuosa le bloccano». Arriva la vittima, che denuncia tutto, dicendo che la somma rubata è di 10mila euro. Ma i poliziotti lo convincono a tornare sul treno e a sporgere denuncia una volta a destinazione. Poi prendono i soldi, secondo il racconto delle ladre a loro volta derubate. Non basta. Le fermate vengono portate in Questura, nell'ufficio di Tropeano, costrette a chiamare i mariti per farsi portare 500 euro ciascuna, «come cauzione in cambio della loro libertà». Negli uffici della polizia, si legge nell'ordinanza del gip, «avveniva la consegna della somma richiesta e il rilascio delle ragazze». Non prima che gli agenti le avessero «pesantemente minacciate di ritorsioni, nella fattispecie minacciavano le madri di procedere alla sottrazione dei figli nel caso avessero parlato». AFFARI D'OROLe rom che «lavorano» in Centrale conoscono bene i poliziotti, li chiamano «Dilò» e «il ragazzino». E li temono. Il gip parla di «soggezione». Anche perché «sono soliti avvicinarle al fine di farsi consegnare denaro, pedinandole fino alle loro abitazioni». «Ovunque metto mano si accorgono», si lamenta Nadia al telefono. E Sajma: «Ho visto Cosimo. E mi tremavano le gambe per la paura». La stazione è controllata dai ladri «milanesi». Chi viene da fuori deve pagare una percentuale o viene punito. «Mi vogliono picchiare qui a Milano - dice al telefono Munira -. Mi vogliono imporre le loro leggi». Gli affari comunque vanno bene. «In stazione di Milano siamo tante - spiega Nadia -, in 50 ragazze». Il gruppo si coordina al cellulare, segnalando bersagli e forze dell'ordine. «Majda - racconta ancora Nadia dopo un colpo - ha raggiunto i giapponesi sul vagone ed è riuscita a rubare da loro 17.500 euro». Nell'ascensore Diana e Zelina sottraggono a una viaggiatrice kazaka un astuccio con 130mila euro in gioielli.

Poi un'altra complice dice di aver visto il marito della vittima davanti all'ufficio della polizia: «Era sotto choc».

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