Cronaca locale

Ritratto di Franca Vitti scultrice bresciana: mappe in legno, «graffiti» e opere in ferro

L'artista della Val Camonica che ha girato il mondo. Mostra fino a luglio

Marta Calcagno Baldini

Una donna e un'artista libera, che ha viaggiato in tutto il mondo e che non ha mai scelto di non scegliere. Da Erbanno (Brescia), in Val Camonica, dove nasce nel 1932, all'Accademia di Brera che frequenta negli anni '50, poi Parigi, dove nel '56 vince una borsa di studio, e tempo dopo a Roma (1968) dove assume l'incarico di assistente tecnico al Ministero degli Esteri.

Grazie al permesso ministeriale la troviamo a Nairobi in Africa l'anno seguente, invitata a realizzare le vetrate della Chiesa degli italiani. Vive nella baracca del cantiere, dove studia lo swahili e entra in contatto con la comunità. Un ritmo sempre così vitale, per arrivare negli anni Novanta e le mostre personali da New York, a San Pietroburgo fino alla Romania in Transilvania. Eppure Franca Vitti avrà sempre nel cuore la sua terra d'origine, la Val Camonica, in cui sceglie di ritornare continuamente e da cui tutto il suo lavoro parte e trae spunto. La mostra «Franca Ghitti scultrice» al Museo d'arte di Mendrisio fino al 15 luglio propone una selezione di tutti i principali capitoli espressivi di quest'artista, per un percorso che pare sempre segnato da tappe ragionate, non istintive e determinate dagli eventi della sua vita pur sempre in movimento. Questa la prima impressione che trasmette il suo lavoro, sempre realizzato con materiali naturali: dalle prime «Mappe» in legno della fine anni '70 primi anni '80, in cui la Ghitti sembra riproporre i graffiti rupestri della Valcamonica, fino alla produzione in ferro, che non lavora da nuovo, ma recupera nelle fucine (i focolai dei mastri ferrai, molto diffusi in Valcamonica). Tra le «Porte», le «Madie», le «Vicinie» (sorta di altarini), fino ai Tondi, le Spirali o la Pioggia e gli Alberi (installazioni con scarti in ferro), la mostra in Svizzera è un chiaro omaggio all'opera completa di un'artista che ha sempre lavorato con la materia, in uno stretto rapporto tra le idee e la manualità. Ed è qui da ricercare il legame con Mendrisio, ovvero nell'analoga competenza tecnica che la città sviluppa nel portare avanti la tradizione dei «trasparenti», dei lumi che venivano utilizzati nelle processioni storiche fin dalla fine del Settecento e che ancora si realizzano. Proprio uscendo dal Museo d'arte si può far visita al vicino Museo del Trasparente per vedere la raccolta degli «archi luminosi» o «fanali» dipinti della città (info. Museo d'arte Mendrisio: piazzetta dei Serviti 1. Orari: mar-ve, 10-12 e 14-17. Sabato, domenica e festivi: 10-18. www.mendrisio.ch/museo, tel.+41-058-6883350. Museo del Trasparente: via Municipio. Tel.

+41-058-6883350).

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