Cronaca locale

Roberto Trifirò: vi racconto il mio Bernhard

Antonio Bozzo

«Bernhard tocca quello che c'è di impalpabile nelle nostre vite. Gioie, dolori, pianti, noie. Un flusso di emozioni. Sembra dire: penso, dunque parlo. Posso pronunciare sciocchezze, ma se le dico devo aguzzare le orecchie. Siamo di fronte a geometrie come in Beckett, in Pinter». Roberto Trifirò, che ha incassato giudizi favorevoli dalla critica per la sua regia e interpretazione di «L'apparenza inganna», in scena all'Out Off fino al 12 ottobre, parla così, con devozione, del testo che Thomas Bernhard scrisse nel 1985 per il suo attore-feticcio, il mostro sacro Minetti. «Tra l'altro a Milano il mio amato Bernhard è in scena anche al Piccolo, con Roberto Herlitzka nei panni di Minetti. Mi spiace non poterlo vedere: sono impegnato in contemporanea con lui. Ma chiamerò Herlitzka per complimentarmi: la telefonata, anche per ragioni di età, tocca a me». Cortesie tra adepti del grande scrittore e drammaturgo austriaco, «maestro dell'esagerazione», ricorda Roberto Menin, che lo ha tradotto e lo insegna dalla cattedra di tedesco, all'Università di Bologna. È troppo di moda, oggi, Bernhard? «Non direi», risponde Trifirò, «resta un autore di nicchia, certo non muove le masse. Io l'ho scoperto grazie a Franco Quadri, negli anni 90. Finalmente si comincia a capire che è qualcosa di diverso da Beckett, anche se certe atmosfere lo richiamano. Nel lavoro prodotto da Out Off ci sono echi strindberghiani, con ironia, e tracce di Dostoevskij. È una storia tristissima, impastata di cinismo e meschinità, che abbiamo tutti». La storia è quella di due fratelli - Karl, ex artista giocoliere (la vita non è forse un'acrobazia?), e Robert, ex attore, che vorrebbe interpretare Re Lear - che si incontrano in giorni prestabiliti, a casa dell'uno e dell'altro. E parlano, borbottano, divagano. Scavano nel passato «con dolore e leggerezza» (sostiene Trifirò). Due personaggi perduti in un ambiente disadorno, polveroso, senza gioia. Vecchie radio, vecchi mobili, anime stanche che riordinano pensieri casuali, nei quali non si distingue mai il vero dal falso: l'apparenza inganna, è così. Trifirò è Karl; l'altro fratello, Robert, è interpretato da Giovanni Battaglia. «Con Giovanni c'è sintonia, abbiamo lavorato insieme in altri spettacoli. Non ho avuto difficoltà a dirigerlo, anche se in scena siamo paritari: ci capiamo al volo», dice Trifirò. Lo spettacolo, inutile sottolinearlo, non è una passeggiata per lo spettatore non abituato alla circolarità ossessiva e ipnotica di Bernhard.

Ma andarlo a vedere è una sfida con se stessi, capace di far svanire d'incanto il torpore che spesso - con questi chiari di luna culturali - è il necessario rifugio della coscienza.

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