Cronaca locale

Il rugby per avere un campo deve scegliere il «fai da te»

L'Asr se n'è costruito uno all'Idroscalo, ora la risorta Amatori ha in gestione il Crespi: «Ma a colpi di debiti»

Luca Talotta

Dici Amatori Milano e subito pensi al grande rugby. Quello fatto di successi, vittorie, sorrisi e coppe alzate. Pensi ad una squadra tra le più titolate d'Italia, che ha saputo scrivere pagine indelebili di questo sport. Pensi e poi rifletti sul fatto che, oggi, non si sa bene che fine abbia fatto: «La nostra società è nata dalla fusione di due realtà già esistenti, Union Rugby 96 e Amatori Rugby Milano Junior le parole di Pier Andrea Letizia, vice presidente Amatori Milano Junior e direttore sportivo Amatori Union Rugby Milano un progetto nato successivamente alla candidatura per la gestione del centro Crespi che il Comune di Milano aveva sollecitato per far partire una ristrutturazione. Si tratta di un impianto che una volta era in mano a Milanosport e che, quindi, ha lasciato una pesante eredità in termini di lavori da dover eseguire. Alla fine abbiamo ottenuto la gestione dell'impianto per 19 anni. Per cui possiamo tranquillamente affermare che Amatori Union Rugby Milano è l'erede della vecchia Amatori Milano. E oggi conta un numero di circa 450 tesserati».

Pier Andrea Letizia spiega poi qual è l'attuale situazione dell'impianto: «Siamo fisicamente da un anno al Crespi, mentre da due è iniziata l'opera di ristrutturazione. Si tratta di un'importante riqualificazione: abbiamo inserito illuminazione a led, il sintetico sul campo, messo a posto la tribuna e molte altre attività. Il tutto con un investimento come privati di oltre 700mila euro». E il Comune in tutto questo? «Di fatto ha agito con un fondo di garanzia, una sorta di fideiussione. Ma l'esposizione economica è stata ed è completamente a nostro carico. In realtà la municipalità elargisce aiuti ai concessionari, ma onestamente non sono granché. Noi ci aspettavamo che, ad esempio, potessero aiutarci per avere tariffe agevolate per il consumo di energia. Niente di tutto ciò».

Si è mai pensato di unire le forze del rugby sul territorio? Amatori, Grande Milano, ASR, Parabiago le realtà sono davvero tante: «Il nostro progetto va proprio in questa direzione conclude Letizia avevo partecipato a diversi tavoli della Giunta precedente dove discutevamo proprio di fare rete. L'intenzione c'è, ma se l'impiantistica sportiva va a pesare solo sui bilanci delle società diventa difficile. Penso che almeno le ristrutturazioni importanti le debba fare il pubblico. Poi è giusto dare in mano ad un gestore privato, però l'inizio è veramente troppo oneroso per chiunque. E così facendo, rischi seriamente di indebitarti per tanti anni, proprio come abbiamo fatto noi, sperando lentamente di rientrare dei soldi spesi».

Gli fa eco Sergio Carnovali, presidente della ASR Milano: «Per far tornare il rugby in alto bisogna dialogare tra società, pensare a far diventare più forte ogni singolo club e mettersi a disposizione di un progetto più alto». Belle parole, ma intanto quella della As Rugby Milano è la storia di un club che ha deciso di puntare forte sull'Idroscalo. Strano a dirsi, ma è proprio il bacino d'acqua artificiale milanese ad essere diventato la casa della società: «Da due anni ce lo siamo preso impiegando una serie di risorse economiche molto importanti precisa ancora Carnovali abbiamo fatto debiti, come tutti. L'amministrazione comunale e la città metropolitana ci hanno messo a disposizione il luogo ed è finita lì. Una concessione per 15 anni per avere un pezzo dell'Idroscalo, che abbiamo dovuto ristrutturare». E ora? «Siamo impegnati nel mantenere attivo il posto, che già con i nostri numeri abbiamo riempito bene. Abbiamo un movimento di circa 700 tesserati: di fatto, l'impianto è sempre pieno. Ed è un sito stupendo, che oltre al grande costo però permette ampi spazi di manovra nonostante una necessaria, continua, manutenzione. Abbiamo ereditato una situazione difficile, ma siamo contenti e felici di essere all'Idroscalo».

(3. Continua)

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