Cronaca locale

Sala si riscopre di destra: «Sì al numero chiuso»

Chiara Campo

Un colpo al cerchio e uno alla botte. Dopo le giornate da capopopolo della sinistra, culminate nella marcia per i migranti di sabato scorso, Beppe Sala ha ritrovato una verve di destra, quella che più spesso gli era stata contestata da Rifondazione & soci in campagna elettorale. Sulla decisione di introdurre il numero chiuso per le facoltà umanistiche all'università Statale, approvata due giorni fa dal senato accademico, il sindaco ha difeso il rettore Gianluca Vago. «Ne ho parlato con lui - ha riferito ieri mattina -. È un tema delicato, il punto di vista del rettore, che non è privo di significato, è che ci sono facoltà prestigiose, ad esempio Oxford, dove ci sono 100 laureati all'anno in filosofia, qui invece ci sono 700-800 richieste. Non rischiamo di accogliere tutti per poi creare disoccupati? É la domanda che si è fatto il rettore. É difficile dire cosa è giusto e cosa no: da un lato è vero che c'è il diritto allo studio e che spesso a 19 anni non si ha sempre certezza di quello che si vuole fare nella vita. Capisco però anche il problema delle università, perché lo studio deve servire anche a creare opportunità di lavoro. Credo che Vago abbia agito non tanto sulla base dell'istinto, ma analizzando questi temi e facendo riferimento a esperienze internazionali». Di tutt'altro tenore le reazioni di sinistra radicale e mondo sindacale. Per la Cgil è una scelta «sbagliata e irresponsabile». Per Alessandro Capelli, portavoce di Sinistra x Milano, «da decenni diciamo che l'Italia ha un numero insufficiente di laureati rispetto alla media Ue.

Le politiche del numero chiuso vanno esattamente dalla parte opposta».

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