Cronaca locale

Salvini chiede 20mila euro al no global che lo insulta

La Procura aveva ritenuto innocuo quel "sparati in bocca. Ps: prima o poi verrai appeso a un lampione, ne sei consapevole?", ma ora un giudice ha accolto il ricorso di Salvini e ha ritenuto quelle frasi sufficienti per rinviare Ferrandi a giudizio per diffamazione e minaccia

Salvini chiede 20mila euro al no global che lo insulta

Che dietro il profilo «Frederic Dubarrè» su Facebook ci fosse in realtà Valerio Ferrandi, giovane esponente del mondo antagonista milanese, non era un gran segreto: sua la data di nascita, gli amici, persino il telefono. Ma ad incriminare definitivamente Ferrandi per le minacce al leader leghista (e ora vicepremier) Matteo Salvini ha provveduto alla fine Facebook, in genere piuttosto restia a collaborare alle indagini giudiziarie, che in questo caso ha fornito alla polizia l'indirizzo del computer di partenza.

Così il 33enne Ferrandi si trova sotto processo, per avere scritto testualmente: «Salvini, in nome della bellezza e dell'intelligenza. Fai un gesto nobile: "Sparati in bocca. Ps: prima o poi verrai appeso a un lampione, ne sei consapevole?". Frasi che la Procura aveva ritenuto innocue, ma che - accogliendo il ricorso di Salvini - un giudice ha ritenuto sufficienti per rinviare Ferrandi a giudizio per diffamazione e minaccia. In ballo, però, non ci sono solo gli incerti confini tra libertà di opinione e codice penale: la vicenda, per i suoi protagonisti, si porta dietro inevitabilmente l'eco di tempi lontani, in cui il passaggio dalle parole ai fatti era piuttosto rapido. E che getta una luce un po' più cupa su quell'immagine finale, con Salvini a spenzolare da un lampione, come se non si trattasse solo di una metafora.

Il problema è che Frederic Dubarrè-Valerio Ferrandi non è solo un militante dell'area dura dei centri sociali milanesi, finito spesso sotto processo e a volte persino in galera. É anche figlio d'arte: suo padre Mario stava nell'Autonomia Operaia, poi in Prima Linea, e fu uno degli assassini dell'agente Antonino Cistra in via de Amicis. Ferrandi senior si è pentito, ha limitato i danni, ora è un signore tranquillo che guarda la realtà con occhi disincantati. Ma ogni volta che Valerio ne combina una delle sue, il legame familiare viene rispolverato, e dà risalto alla vicenda.

Quando Salvini decise di denunciare il post non sapeva chi ne fosse l'autore. Ora lo sa, e chiede a Ferrandi junior 20mila euro di risarcimento. L'antagonista, difeso dagli avvocati Mauro Straini e Eugenio Losco, non sembra spaventato: e ieri fuori dall'aula dice: «Il signor Salvini dovrebbe evitare le consuete provocazioni.

La mia non era una minaccia ma un invito a studiare la storia per evitare che si ripeta ancora».

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