Cronaca locale

Scala, sarà una «prima» in re minore

In calo ospiti stranieri e italiani: mancano Napolitano e Renzi. Ma la serata attraverserà cinema, radio e tv

È Milano ad ospitare l'evento culturale più internazionale d'Italia e che non ha confronti mediatici nel mondo, almeno nel suo genere: la lirica. È la Prima della Scala, lo spettacolo - Fidelio di Ludwig van Beethoven - che domenica apre la stagione d'opera e balletto: rigorosamente il 7 dicembre. È vero. Parterre e palchi di pregio sono meno ricchi d'un tempo, meno glam, diciamo più domestici. Quest'anno anche la presenza delle istituzioni sarà ridotta, luce riflessa della fase politica. Non ci sarà il presidente Giorgio Napolitano, in forse il primo ministro, mentre sono confermati il ministro della Cultura Dario Franceschini, il presidente del Senato Aldo Grasso, il sindaco di Milano Giuliano Pisapia, il governatore Roberto Maroni. Da Oltralpe arriva Christine Lagarde del Fmi. Il mondo non viene alla Prima della Scala come un tempo? È pur vero che, mai come prima, è la Scala ad andare nel mondo percorrendo i canali d'ultima e penultima generazione, tv, cinema, radio, un po' stile Capodanno viennese.

La Prima è l'evento dei milioni. Il sovrintendente Alexander Pereira conta di raggiungere 10 milioni di spettatori extra-teatro. Così come negli ultimi anni l'incasso della serata ha sempre superato abbondantemente i due milioni qualificandosi come evento di punta di raccolta fondi: per il 7 dicembre 2014 equivalenti a 1,2 milioni. E a catalizzare i fondi privati sono la qualità di un prodotto, ma anche il livello di visibilità del prodotto: cosa vera soprattutto in Italia dove manca l'incentivo di una defiscalizzazione di peso, sebbene qualcosa si stia muovendo. Per dire che fa parte del gioco, non si può prescindere dallo strascico di ansie e nevrosi che accompagnano una Prima della Scala. Ovvero fuga di notizie, anticipazioni soprattutto sull'allestimento, trafugate chissà come e talvolta sbagliate, vivisezioni dell'opera e di ciò che si muove attorno. L'apoteosi si tocca domenica. E non in sala, dove si consuma l'arte quanto nel foyer, dove ha luogo la caccia al personaggio, in quella selva di signori e signore non insensibili ai flash benché d'una eleganza sempre meno ricercata lamentano le veterane del settore: in testa Raffaella Curiel. Il suo è uno dei nomi dei fedelissimi della gran soirée milanese accanto a quello di Roberto Bolle e Carla Fracci, Francesco Micheli e Cesare Rimini, Saverio Borrelli, Gabriella Dompè, Daniela Javarone, Silvia Falck.

L'atmosfera della Prima accompagna anche questa apertura, benché sia l'anno di transizione fra due gestioni della Scala e il Fidelio non sia propriamente nel dna del teatro. Allo stesso tempo, lo sguardo si concentra su Turandot di Puccini, il titolo del debutto della Scala di Expo e della vera era Pereira, di un teatro che s'annuncia più produttivo, attento ai giovani e alla tradizione della Scala, e finalmente capace di portare a Milano - oltre ai grandi artisti del canto - anche quelli dello strumento (sono in arrivo le orchestre numero uno: Wiener, Berliner, Cleveland, Boston).

E chissà che anche il mondo ritorni alla Scala.

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