Cronaca locale

In scena D'Annunzio segreto nella «Settimana del Vate»

Al Manzoni la nuova pièce di Edoardo Sylos Labini Dopo ogni spettacolo allestite tre cene dedicate al poeta

Ferruccio Gattuso

«Sarà una settimana dannunziana, di ispirazione fiumana, per celebrare gli 80 anni dalla morte del grande poeta». Lo dice Edoardo Sylos Labini e ci credi, non foss'altro perché la passione che ha nella voce e il volto che ha plasmato sull'icona del Vate sono estremamente convincenti. L'attore e regista romano ci scherza sopra: «Io i capelli li avrei spiega ma ormai mi sento a mio agio nel ruolo di Avatar di Gabriele D'Annunzio. Senza contare che mia figlia mi vede così da quando è nata, questo è il volto di suo papà, e dunque...». La settimana all'insegna del Vate avrà come centro di gravità lo spettacolo D'Annunzio segreto, in scena al Teatro Manzoni dal 5 al 7 febbraio. I satelliti saranno tre «cene dannunziane» (dopo ogni spettacolo), la distribuzione di un fumetto agli spettatori Under 26 (D'Annunzio tra amori e battaglie», disegni di Marco Sciame), un incontro per la rassegna Manzoni Cultura tenutosi in questi giorni con il presidente del Vittoriale, lo storico Giordano Bruno Guerri.

Lo spettacolo al Manzoni è del tutto nuovo rispetto a Gabriele D'Annunzio tra amori e battaglie, scritto e interpretato da Sylos Labini quasi sei anni fa: «Quello era un testo che si tuffava nel D'Annunzio più noto e, se si vuole, più pop spiega l'attore -. In questa nuova piéce, scritta da Angelo Crespi, già autore per me di Nerone Duemila anni di calunnie, rivive il D'Annunzio più anziano e inedito, quello che dal 1920 fino alla morte si recluderà nella casa-mausoleo del Vittoriale, celebrando la sua vita e conducendo un'esistenza che ironicamente rappresentava, anche nel linguaggio, come monastica. Ma che monastica non era, basti pensare alle cosiddette badesse, così le chiamava, che venivano scelte nelle vicinanze dalla sua governante, edotta sui gusti del Vate, e preparate a reggere l'incontro serale con lui».

Aneddoti, riflessioni, tocchi di commedia e dramma, c'è questo e molto di più nello spettacolo atteso al Manzoni, impreziosito da una ricca scenografia (evocante il Vittoriale, tra fastosità, buddah e crocefissi, cene succulente e angoli segreti) di Marta Crisolini Malatesta, dalla regia di Francesco Sala e dalla presenza sul palcoscenico accanto a Sylos Labini, tra gli altri, di Erika Urban nel ruolo della governante Amelie Mazoyer e di Paola Radaelli in quelli della cuoca, nominata dal vate come «Suor Intingola». Il tema del cibo riconduce a uno degli eventi collaterali allo spettacolo, quello delle cene dannunziane allestite dopo ogni sipario da Elior, leader in Italia nella ristorazione collettiva: «Il Vate - spiega Sylos Labini era un gourmet, che utilizzava il cibo come strumento di seduzione. Suggeriva ricette alla sua cuoca, attraverso pizzini che oggi ci appaiono come sms o tweet, e che sono stati utilizzati per preparare il menù dannunziano. La cuoca fu l'unica donna, tra le sue fedelissime, a non finire tra le sue braccia». L'uomo che emerge nella rappresentazione scritta da Angelo Crespi, penna coltissima e gran conoscitore della storia del Vate, è un D'Annunzio ormai stanco della sua immagine di superuomo, amante e guerriero.

«È un uomo che sa che di lui resterà la cosa più grande conclude Sylos Labini la poesia».

Commenti