Cronaca locale

In scena «Uomini e no» Con tutte le ferite della Milano del '45

Una produzione del Piccolo rilegge i traumi della guerra civile narrati da Elio Vittorini

Antonio Bozzo

Prodotto dal Piccolo, «Uomini e no» resta in scena allo Studio Melato fino al 19 novembre. «Poi andremo a Parigi» dice con orgoglio il direttore del Piccolo Teatro, Sergio Escobar. «Ci aspettano per una riflessione su Milano, città sempre più centrale nel panorama europeo». Milano è in fondo il tema del lavoro che Michele Santeramo ha scritto, partendo dal romanzo di Elio Vittorini, uscito nel 1945. La regia è di Carmelo Rifici, gli attori sono 17 allievi neodiplomati alla scuola Luca Ronconi del Piccolo. Giovani come i giovani, divisi dalla guerra civile (o Resistenza) che infuriava in Italia dopo l'8 settembre. Partigiani contro i fascisti repubblichini. Ma sarebbe riduttivo, e anche sbagliato, leggere il senso del titolo come partigiani (uomini) contrapposti a fascisti (non uomini): Vittorini non era così stupido, sapeva benissimo che male e bene, ragione e torto, si intrecciano dentro ognuno di noi.

Un tram tagliato a metà per il lungo, suggestiva invenzione, separa le due fazioni. «La Milano di Vittorini veniva percorsa da tram, biciclette, panzer e automobili. I primi due mezzi sono quelli dell'incontro, più lenti, non minacciosi», ricorda Escobar. E Rifici: «Mi sono avvicinato al testo pensando che pure io, come Vittorini, sono figlio di un ferroviere siciliano, ma nato a Milano. Città con la quale ho un rapporto fortissimo, di cui ho tenuto conto anche per questo spettacolo, che la vede come luogo insieme metaforico e realistico, dove la grande storia incrocia le vicende personali». Come quella tra Enne 2, il partigiano gappista, e Berta, suo amore impossibile. Ma i personaggi di «Uomini e no», romanzo più citato che letto (come altri di Vittorini), sono una piccola folla, che servì allo scrittore per riflettere sui destini umani e sulla lotta continua tra bene e male, resa incandescente soprattutto in periodi storici come quello rievocato; che per Vittorini, ricordiamolo, era la stretta attualità. «I personaggi sono stati la mia vera concentrazione, mentre scrivevo la drammaturgia del romanzo. Sull'ideologia non mi sono soffermato», dice Santeramo. Né Santeramo né Rifici si sono sentiti in obbligo di riferirsi al film di Valentino Orsini, del 1980, o alla riduzione teatrale (una rara avis) scritta dallo stesso Vittorini. «Ho preferito affrontare il testo in libertà, senza influenze. Ho cercato però di conservare lo stupore e l'incantesimo delle pagine di Vittorini, ricreate da Santeramo. Chi esce dallo spettacolo, non guarderà più Milano come prima: piazze e strade del centro gli sembreranno rianimarsi di storia, violenta e appassionata», conclude Rifici.

Ed è proprio su un tram storico che i milanesi potranno viaggiare tra alcuni luoghi del romanzo, il 4 e 5 novembre. In collaborazione con Atm, il Piccolo organizza il tour, punteggiato da recite degli attori che alle fermate interpretano dialoghi di Vittorini.

Teatro nella città, città nel teatro: anche questa è (bella) Milano.

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