Coronavirus

"Abbiamo paura di contagiarci". Il viaggio da incubo dei pendolari

Un giorno da pendolare a Milano. Dai treni regionali alla linea rossa della metropolitana. "Distanziamento? Fantascienza"

"Abbiamo paura di contagiarci". Il viaggio da incubo dei pendolari

Ore 7.04. Treno regionale da Asso diretto a Milano Cadorna. Una voce registrata, fatta qualche fermata, recita le misure di sicurezza del protocollo anti contagio. Ricorda l'obbligo di indossare la mascherina, di mantenere il distanziamento di un metro e di occupare solo i posti consentiti contrassegnati. I contrassegni, però, non ci sono più. Poi, una voce non registrata contraddice il messaggio lanciato pochi minuti prima. "Vanno occupati tutti i posti disponibili e i passeggeri in piedi non devono essere più di dieci a carrozza". Probabilmente l'annuncio registrato risale ai tempi del lockdown. Ma la distanza di un metro: va mantenuta o no? Nessuno specifica e soprattutto nessuno controlla.

Assembramenti e zero controlli

"Tanto è inutile. Il distanziamento è pura fantascienza", dice Riccardo, broker di Asso che ogni giorno prende il regionale di Trenord diretto a Milano Cadorna. "La situazione è vivibile fino ad Arosio. Poi comincia a salire l’orda di pendolari. Ci blindano da 23 alle 5, ma il problema è dopo, quando prendi i mezzi per andare al lavoro. E qui non c’è assembramento? Siamo schiacciati come sardine. Io, sul treno ci sto più di un’ora. La probabilità di prendere il virus c’è. Ho paura e sto attento. Metto la mascherina. Non tocco niente. Ma sei pressato con altra gente che parla e respira a pochi centimetri. Qualcuno grida e abbassa pure la mascherina per parlare al telefono o soffiare il naso. Beh, lì l’unica cosa sarebbe trattenere il respiro", aggiunge rassegnato.

A preoccupare i pendolari lombardi, però, è l'assenza totale di controlli, che sia mantenuto un minimo di distanziamento e soprattutto che tutti indossino la mascherina. "La gente in genere la mette", dice Stefania, commessa di Caslino e anche lei pendolare della linea Asso-Milano Cadorna. "Ma c’è anche che chi se ne frega. La sera spesso alle fermete di Erba e Merone salgono gruppi di extracomunitari, tutti senza mascherine. Non solo piazzano anche la bici davanti alle porte del treno. Così chi deve scendere è bloccato e se non fa in tempo a correre verso un'altra uscita rischia di rimanere su". È successo a Claudia, studentessa di Castelmarte. "Mi sono accorta tardi che la porta era bloccata. Sono rimasta su e mi sono dovuti venire a prendere a Canzo. Ho provato ad avvertire. Ma nessuno controlla. Il personale? Nemmeno l'ombra. I controllori li vedi a Cadorna che fumano prima della partenza poi spariscono", chiosa risentita.

Eppure una soluzione ci sarebbe, almeno per ridurre l'assembramento sui treni regionali che devono fare i conti con un afflusso notevole di utenti. "Ma possibile che se ne freghino? Si potrebbe scaglionarle la linea con due partenze differenziate che facciano fermate alternate a pochi minuti distanza. Così si dimezzerebbe la capienza e si velocizzerebbero i tempi di percorrenza biblici con il ritardo fisiologico di almeno 10 minuti", suggerisce Niccolò, ingegnere comasco.

Quella paura di contagiarsi

Anche sulla linea della metro, alla stazione Cadorna, la situazione si ripete. E anche la rabbia dei pendolari. Sulle rampa delle scale per entrare in metro si è talmente pressati che si rischia di inciampare, ai tornelli si passa uno in coda all'altro e l'afflusso di gente pare uguale all’epoca pre Covid. Alle banchine il metro di distanza è impraticabile e anche gli indicatori incollati in terra paiono più una presa in giro. Due settimane dopo le foto choc postate su Facebook da Alessandro De Chirico, consigliere comunale di Forza Italia.

Per Atm l'80% di capienza massima previsto dal Dpcm del 7 ottobre sarebbe pienamente rispettata. Il conteggio, assicurano, è automatico e quando arriva all'80 per cento il tornello si blocca. A giudicare dalle foto non si direbbe. D’altronde ridurre la capienza al 50% - come spiega Asstra, l’associazione delle imprese del trasporto pubblico locale - significherebbe lasciare a piedi 275 mila utenti. Intanto, però, chi prende la metropolitana a Milano ha paura. "Le condizioni per contagiarsi ci sono tutte: spazi ristretti, poco ricambio, gente ammassata che parla, respira pigiata a pochi centimetri. Poi i magari tocchi i sostegni, i tornelli, non ti igienizzi e ti becchi il virus. Io ho paura. Anche perché dove sono i gel? Io non li ho visti", denuncia un utente.

A tranquillizzare i pendolari ci ha pensato la ministra Paola De Micheli. "Non ci sono prove che il Covid viaggi sui mezzi pubblici". Eppure è difficile crederle, se i contagi salgono e fuori dai mezzi pubblici le misure di sicurezza sono molto più restrittive. Ma la ministra assicura che è rispettata la capienza del 70% anche nelle ore punta. Probabilmente non ha mai preso i mezzi.

Almeno a Milano.

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