Cronaca locale

Se la "dose" si paga col buono pasto

I tempi duri si vedono, come per ogni bene di consumo, anche nel commercio di droga. Non certo ai livelli dei trafficanti transnazionali, che macinano milioni di euro. Ma per strada, tra spacciatori di piccolo calibro e consumatori alla giornata. Che da una parte accettano e dall'altra utilizzano metodi di pagamento non proprio tradizionali.

Se la "dose" si paga col buono pasto

I tempi duri si vedono, come per ogni bene di consumo, anche nel commercio di droga. Non certo ai livelli dei trafficanti transnazionali, che macinano milioni di euro. Ma per strada, tra spacciatori di piccolo calibro e consumatori alla giornata. Che da una parte accettano e dall'altra utilizzano metodi di pagamento non proprio tradizionali.

Capita infatti che un pusher finisca in manette e che arrotolato insieme ai pochi contanti incassati dalla sua attività le forze dell'ordine trovino anche un buono pasto intestato non a lui ma a un italiano. Con ogni probabilità, appunto, usato dal cliente per pagare lo stupefacente. Pochi spiccioli e poca roba sono in gioco, visto che il gambiano 30enne aveva addosso 5 grammi di marijuana e 15 euro in pezzi da 5 e da 10. Smerciava piccole dosi, ricevendo in cambio i contanti o i ticket restaurant di qualche impiegato, come risulta dal verbale di sequestro. Il giovane, difeso d'ufficio dall'avvocato Marco Sizzi, è stato processato per direttissima un paio di giorni fa. Non ha documenti, ma dice di essere un richiedente asilo. È stato arrestato anche con poca sostanza, perché il fine di spaccio è apparso evidente e perché ha precedenti dello stesso tipo.

Scarcerato con divieto di dimora a Milano, deve tornare in aula a gennaio.

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