Cronaca locale

Si imbuca alla festa della Milano bene. Il festeggiato lo stende

Condanna al padrone di casa: con un pugno ferì l'amico non invitato e ubriaco fradicio

Si imbuca alla festa della Milano bene. Il festeggiato lo stende

La festa nella casa della Milano-bene era già degenerata da un pezzo, perché - violando ogni vincolo della buona educazione - gli ospiti si erano dati a danneggiare senza ritegno gli arredi. Ad andarci di mezzo è stato però uno che non c'entrava, un amico del padrone di casa che si era presentato senza invito ed era ubriaco fradicio. Non è chiarissimo cosa sia accaduto a quel punto, il festeggiato pare si sia sentito aggredito dall'amico: sta di fatto che ha reagito spropositatamente, spaccandogli la faccia con un cazzotto. Il poveretto è finito in ospedale e ripresosi dalla sbornia, ha deciso di non lasciare passare impunita l'aggressione. Ha sporto denuncia. Da lì nascono l'inchiesta e i processi che hanno dovuto scavare sulle singolari modalità del ricevimento. Di feste che finiscono male ve ne sono da sempre (leggendaria la devastazione della casa del cantante Roberto Vecchioni a opera degli amici delle figlie) ma stavolta si è esagerato.

La vicenda giudiziaria si chiude con la condanna a pena detentiva (ma coperta comunque dalla sospensione condizionale) di Carlo S., il padrone di casa, emessa dalla Corte d'appello lo scorso anno e confermata nei giorni scorsi dalla Cassazione. Invano, dopo avere cercato di farsi assolvere, il giovanotto ha cercato di cavarsela con un'ammenda: «La sanzione sostitutiva sarebbe inefficace sia sotto il profilo afflittivo sia dal punto di vista rieducativo», hanno scritto i giudici.

Nel ricorso in Cassazione, i legali di Carlo hanno chiesto di valutare meglio le circostanze che lo avevano spinto a colpire l'amico, «tenuto conto che G. aveva partecipato alla festa organizzata dall'imputato nella propria abitazione nonostante fosse stato esortato ad andarsene; che nel corso della festa erano stati arrecati danni alle suppellettili della casa; che G. si era avvicinato all'imputato con fare minaccioso; che solo in quel momento, temendo per la propria incolumità, S. lo aveva colpito con uno schiaffo».

I giudici replicano che non si trattava affatto di un semplice ceffone, ma di un pugno di potenza impressionante: lo raccontano i testimoni e soprattutto il referto medico, secondo il quale il colpo fu tanto forte da provocare la «frattura della parete mediale dell'orbita sinistra». E che G. potesse davvero aggredire il festeggiato era, secondo la sentenza, assai improbabile per il semplice fatto che era in preda alla sbornia più nera. La sentenza non dice se si fosse presentato già col tasso alcolico in orbita, o avesse provveduto nel corso della festa: quel che conta è che «lo stato di ebbrezza in cui versava G., che non riusciva a reggersi in piedi da solo, consente di escludere che l'imputato potesse seriamente temere che l'amico fosse in grado di mettere davvero in pericolo la sua incolumità». «Alla luce dello stato fisico della vittima, debole e inerme, e delle modalità violente e gratuite dell'azione lesiva, non può ravvisarsi un errore scusabile». E nemmeno si può invocare la violazione di domicilio, perché «G.

si trovava da tempo nell'abitazione e non era il responsabile degli atti vandalici».

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