Cronaca locale

Soldati nelle strade della città? Il ministro: «Noi siamo pronti»

I milanesi hanno apprezzato e il titolare della Difesa Mauro è possibilista: «L'operazione non è chiusa ma devono decidere il governo e il Parlamento»

Soldati nelle strade della città? Il ministro: «Noi siamo pronti»

«I nostri militari sono disponibili e operativi». All'indomani della mattanza, il ministro della Difesa, Mario Mauro, ex pdl passato alla Lista Monti, ritiene praticabile la via del ritorno dell'esercito nelle piazze. «Il tema della sicurezza è una responsabilità primaria del governo del Paese e competenza specifica del ministro dell'Interno».

Da ministro della Difesa, è pronto a riportare i militari a Milano?
«La nostra disponibilità all'operazione Strade sicure, data in passato dal ministro della Difesa, rimane intatta, atteso che la percezione dei nostri cittadini in ordine alla presenza dei militari è stata sempre fortemente positiva».

Insomma, lei è favorevole?
«Non è un programma estinto. Sono valutazioni che attengono al governo nella sua collegialità, soprattutto per le valutazioni politiche che farà al Parlamento. Ma nulla osta all'impiego dell'esercito nelle modalità che sono state individuate nella messa a punto di quel programma».

Non manca chi è contrario all'uso dell'esercito: si rischia di militarizzare la città.
«La motivazione reale è ben conosciuta: consentire a chi ha la responsabilità della sicurezza, cioè le forze dell'ordine, di essere impiegate in una dimensione operativa, lasciando la sorveglianza di obiettivi sensibili a ronde composte da militari e forze dell'ordine».

Tra le zone sensibili ci sono anche le periferie?
«Certamente, periferie e luoghi sensibili».

È noto che la giunta Pisapia si oppone alle pattuglie di militari.
«Come è ovvio, non spetta a me dare un giudizio sulla sensibilità delle amministrazioni. Il Parlamento è il luogo più adeguato per questa discussione. Mercoledì nell'audizione di Camera e Senato avremo la possibilità di discutere anche di questo».

Vuol dire che a decidere non sarà il sindaco ma il Parlamento?
«Quell'invio venne deciso dal Parlamento. I sindaci potranno aver espresso opinioni in una direzione o nell'altra ma la decisione è nelle mani del Parlamento e del governo».

Un'altra obiezione frequente è che in questo modo si utilizzano i militari in modo improprio.
«Non sono usati in modo improprio perché non vengono loro conferite disposizioni di ordine pubblico, non controllano le manifestazioni, non è quello il loro compito. Supportano le forze dell'ordine nel modo e nei tempi che gli vengono prescritti. Siamo al cento per cento nel dettame costituzionale».

I fatti di Milano interrogano anche sul rapporto tra clandestinità e sicurezza. Come agire?
«Rendendo esecutive le norme che già ci sono, non servono nuove norme. Già la Turco-Napolitano aveva affrontato il tema della clandestinità attraverso un percorso che porta all'espulsione di chi è irregolare. Si tratta di applicare le leggi».

Il ministro Kyenge sostiene che andrebbe abolito il reato di immigrazione clandestina. Posizione che ha scatenato una pesante polemica. Che cosa ne pensa?
«Non so che cosa abbia detto la collega ma la clandestinità non è un fatto che possa essere premiato. La migrazione deve essere compresa e guidata, è un fenomeno imponente che sposterà dal Sud al Nord del mondo gran parte della popolazione mondiale. Ma non può e non deve alimentare forme di illegalità, che aiutano il tornaconto di gruppi criminali e in alcune situazioni favoriscono la nascita di uno Stato nello Stato».

Si riferisce a qualche caso in particolare?
«A Cosa Nostra negli Stati Uniti, solo per fare un esempio. Anche gli italiani sono stati migranti. Sono fenomeni che abbiamo conosciuto e che dobbiamo contrastare».

Vuol dire che è bene che l'immigrazione clandestina rimanga reato?
«L'impegno a garantire la sicurezza, il benessere, sono ragioni specifiche delle istituzioni e quindi le leggi si devono piegare a questa necessità. Poi sicuramente possiamo fare tanto per favorire l'integrazione, purché si parta dal dato della regolarità, cioè di persone entrate regolarmente nel nostro Paese.

Il sostegno all'integrazione è fondamentale, ma al contempo ci vuole una posizione inflessibile verso gli irregolari, specie se si macchiano di reati».

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