Cronaca locale

Squatter contro la polizia «Tentato un blitz illegale»

Gli abusivi denunciano le forze dell'ordine «Noi minacciati, avevano caschi e spranghe»

«E' un'intimidazione squadrista, violenta, illegale. La polizia non è venuta qui in maniera ufficiale». Benché si stenti a crederci, soprattutto per l'espressione «maniera ufficiale», la dichiarazione è dei «I pirati di Rho». Il gruppo di anarchici - «artisti», che una decina di giorni fa ha occupato l'ex caserma «Mameli», si è in tal foggia verbalmente scagliato contro un blitz compiuto dalla polizia martedì pomeriggio. Oggi incontro con la Digos. Intanto hanno adottato un cavallo, Claraha di 12 anni, salvata da un maneggio. La Questura ha comunicato che la polizia martedì ha transitato in via Suzzani e non si sono verificate violenze; quindi trasmetterà un'informativa alla Procura della Repubblica circa le dichiarazioni rilasciate dagli occupanti abusivi.

Una volta nel termine «anarchia» significava l'assoluto non riconoscimento di qualsiasi forma di autorità. Chi ha mai sentito anarchici chiamare la Digos per proteggersi dalla polizia? La storia procede per paradossi e se ci sono tempi di flusso e di riflusso, viviamo in quelli del riflusso, se i pirati si lamentano d'essere «cacciati» dalla polizia, attributo tipico dei pirati stessi. I «filibustieri» di Rho, una trentina, che ora intendono trasformare l'ex caserma in una cittadella dell'arte - chissà se chiameranno Jonny Depp? - raccontano. «Intorno alle 14.30 di martedì sono scese da due auto una decina di persone in borghese con spranghe e caschi da motociclista che hanno picchiato ripetutamente sulle porte». Ricordiamo che la «Mameli» è di proprietà della Cassa depositi e prestiti, ente a controllo pubblico, che ha depositato una denuncia per occupazione abusiva, pare con sollecito di un intervento di sgombero. Continua il racconto dei pirati. «Alcuni di noi hanno cercato di fermare quelle persone, ma sono stati minacciati di morte. Poi è arrivata una camionetta della polizia da cui sono scesi una quindicina di agenti, quattro o cinque in divisa, altri in borghese. Noi pensavamo che fossero venuti per proteggerci da quella che sembrava un'aggressione di matrice fascista, invece abbiamo capito che erano insieme a quegli altri. Anche loro ci hanno minacciati. Il blitz è finito solo quando abbiamo tentato di filmarli».

Ecco il ragionamento compiuto da coloro che a occhio e croce suppongono di occupare una caserma in «maniera ufficiale», visto che non mettono in dubbio il fatto di doversene andare da soli. E magari meditano di trasformare la «Mameli» in un altro «Leoncavallo», il centro sociale nato nel 1975, quando il termine «occupare» comprendeva la dignità di una lotta ad armi spesso impari, impari per gli occupanti. Il cavallo per ora c'è. Ora, nei tempi del riflusso, le armi impari passano dalla parte della polizia, accusata di intrusione «fascista». Il Leoncavallo sorse quando la periferia di Milano era la «Stalingrado d'Italia», cosa che via Suzzani non è.

La «Mameli» è una caserma non una fabbrica, la vicenda forse potrebbe essere definita la «Repubblica di Rho», che rima con Salò, e visto che i pirati sono artisti, chiediamo scusa a Pierpaolo Pasolini.

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