Cronaca locale

La stella di Nina Simone splende in palcoscenico tra le sue mille note jazz

Approda stasera all'Elfo Puccini lo spettacolo che ricorda l'artista nello show a Montreaux

Antonio Bozzo

Non c'entra, ma nessuno meglio del grande scrittore austriaco Stefan Zweig ha saputo restituire ai «momenti fatali», che ognuno di noi vive, il significato rivelatore che hanno. E momento fatale fu, per la pianista e cantante jazz americana Nina Simone, il concerto che tenne nel 1976 al Festival di Montreaux. Nicola Russo - amato attore, regista, autore - è lo Stefan Zweig dell'artista, ma ci teniamo per noi questa suggestione e gli chiediamo dello spettacolo Nina, che porta all'Elfo Puccini da oggi a domenica. Sua la regia, nel ruolo della black star dalla magica voce c'è Sara Borsarelli.

«Ho voluto mettere in scena il mondo interiore di una performer - dice Russo -. Cerco di svelare il punto di vista di Nina Simone, il suo modo personale di stare sulla scena. Non è ripetere il concerto, ovviamente, anche se ne ripetiamo la scaletta. Nina a Montreaux vorrebbe essere altrove. Nello spettacolo si deve percepire il suo disagio, l'estrema facilità di una star. Che è il disagio di tutti quelli che si mettono sotto i riflettori e forse in parte anche il mio, di regista».

Ma chi è Nina Simone, per il regista Russo? Solo una regina della musica, morta a 70 anni nel 2003 dopo una vita alla ribalta, anche nella sacrosanta battaglia per i diritti delle persone di colore negli Stati Uniti? «La ascolto da tanto tempo e mi ha sempre affascinato per la voce. Aveva una modalità di cantare legata al pensiero. Ecco, mi arriva sempre un pensiero con le note di Nina Simone».

Quei cinquanta minuti di Montreaux segnavano il ritorno allo spettacolo della musicista, che aveva lasciato gli Stati Uniti per ritrovare le origini culturali in Africa. Negli anni Sessanta, i suoi brani Old Jim Crow e Mississippi Goddam caricavano di rabbia e speranza chiunque lottasse per la fine delle discriminazioni razziali. In scena, Sara Borsarelli ripercorre nel monologo il «momento fatale» del concerto e la storia della musicista. Le immagini originali realizzate dal videoartista Lorenzo Lupano si intrecciano a corpo e voce dell'attrice. Lo spettacolo, prodotto in collaborazione con «Le vie dei Festival» e Radicondoli Festival con il sostegno di NovaraJazz, arriva a Milano per la prima volta.

Che pensa, Nicola Russo, sullo stato del teatro italiano? «Milano, per certi versi, fa storia a sé. Con la mia compagnia, normalmente mi scontro con un mondo difficile. Riusciamo a vivere per testardaggine e per la lungimiranza di alcune persone che aprono varchi, come Ferdinando Bruni ed Elio De Capitani all'Elfo Puccini. Purtroppo in Italia c'è la fissazione di cercare il genio, l'exploit. Invece bisogna lavorare tutti i giorni e in profondità. Non è un problema di pubblico, il pubblico c'è, soprattutto a Milano, isola felice. Anche perché alcuni teatri - il Piccolo, l'Elfo Puccini, il Parenti -, il pubblico l'hanno saputo costruire.

In sala c'è gente disposta a condividere un linguaggio, e fa la differenza».

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